E’una delle sensazioni più frustranti: sappiamo che la parola giusta per esprimere un dato concetto c’è, ne conosciamo l’esatto significato, eppure non riusciamo a ricordarcela. E ce la caviamo con un’espressione idiomatica: Ce l’ho sulla punta della lingua. Eppure, continuiamo a rimuginarci, magari più volte nel corso della giornata, perchè vogliamo a tutti i costi che ci torni in mente, diventa una sfida, e quando infine ce la ricordiamo, la pronunciamo ad alta voce, felici come non mai, magari guardati come matti da chi ci sta intorno, che nel frattempo è una persona diversa dall’interlocutore che avevamo davanti al momento della dimenticanza, e ci guarda, ovviamente, scioccato, e senza capire. Ebbene, tutto questo per arrivare a dirvi che finalmente la scienza sembra aver scoperto cosa c’è dietro al meccanismo che ci fa dimenticare le parole sulla punta della lingua.
Un nuovo studio suggerisce infatti che la dimenticanza potrebbe avere a che fare con la frequenza con cui si usano certe parole.
I risultati potrebbero aiutare gli scienziati a capire di più su come il cervello organizzi e ricordi la lingua.
Per la comprensione del fenomeno, i ricercatori hanno testato persone che parlano due lingue, e persone non udenti che utilizzano il linguaggio dei segni per comunicare.
“Abbiamo voluto vedere se c’erano fenomeni analoghi tra i due gruppi, ad esempio un ce l’ho sulla punta del dito, per chi usava i segni per comunicare” ha spiegato Karen Emmorey, direttrice del Laboratory for Language & Cognitive Neuroscience alla San Diego State University.
Emmorey ed i suoi colleghi hanno scoperto che anche chi usa il linguaggio dei segni dimentica le parole (in questo caso il segno corrispondente), almeno una volta alla settimana, proprio con la stessa frequenza dei parlanti.
Inoltre, proprio come i parlanti possono spesso ricordare la prima lettera della parola – “Io so che inizia con una ‘b'” – chi usa i segni ricorda a volte una parte del segno. Entrambi i gruppi possono accedere a informazioni sull’inizio della parola.
“C’è qualcosa di privilegiato durante la produzione della lingua nella fase iniziale,” ha commentato Emmorey.
Un’idea importante su cosa provochi questa dimenticanza fastidiosa, gli studiosi se la sono fatta: quando si cerca di pensare ad una parola specifica, nel cervello si può trovare una parola di simile suono che “blocca” la capacità di accedere alla parola giusta. Questo meccanismo è chiamato blocco fonologico.
La ricerca precedente ha mostrato che le persone bilingue dimenticano più spesso le parole di quelli che parlano una sola lingua. Alcuni esperti hanno suggerito che questo avviene perché le persone che parlano due lingue hanno il doppio delle possibilità che in testa agiscano bloccanti fonologici.
Se così fosse però questo non dovrebbe avvenire nel caso di chi parla sia il linguaggio normale che quello che dei segni, dal momento che i segni e le parole non “suonano” allo stesso modo e non si bloccano a vicenda.
E invece, analizzando proprio questo caso di bilinguismo, di chi conosceva una lingua ed il linguaggio dei segni, si è riscontrata la stessa frequenza di episodi di dimenticanza.
A questo punto, gli studiosi hanno ipotizzato che aldilà del blocco fonologico, a provocare la perdita temporanea di una parola, sia la scarsa frequenza d’uso della parola stessa.
In fondo, meno spesso si usa una parola, più difficile risulta per il cervello accedervi.
[Fonte: Livescience]