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Smettere di fumare: i programmi della dissuefazione dal fumo del Ministero della Salute

Da oggi non fumo più”. Sembra facile… ma solo a chi non fu­ma! Quelli che invece lottano ogni giorno con la voglia di smettere e la frustrazione di non riuscirci sanno che non basta la buona volontà. Né servo­no granché gli spauracchi stampati sui pacchetti di sigarette (si sono triplica­te le vendite di portasigarette!) o gli allarmi di statistiche mediche: l’abitudi­ne prevale! Per i dati, su sei persone che fumano un pacchetto di sigarette al giorno, una morirà di cancro al pol­mone e per gli altri sono dietro l’ango­lo malattie cardiovascolari o altre pa­tologie… ma il fumatore si aggrappa alla speranza di un benigno Dna. Come riconosce un pioniere della lotta al tabacco come Giacomo Mangiaracina, medico spe­cialista in Salute Pubblica, coordina­tore dell’Arca Tabagismo Lega Italia­na contro i Tumori, presidente della Società Italiana Tabaccologia, in prima linea sul fronte della salute ma senza durezza da “cac­cia alle streghe”:

 «Smettere di fumare interrompe un rapporto emozionale, è una separazione e va compensata. Non si parla più di metodi per smettere di fumare ma di un “percor­so di cambiamento attraverso vari stadi: negazione del problema, con­templazione (`forse dovrei smettere’), scelta, azione»

spiega lo specialista e precisa che il problema è più cultura­le che scientifico, che la persona va aiutata a percepire la propria patologia di dipendenza,

«con delicatezza, cominciando da un colloquio clinico, verificando poi il grado di dipendenza attraverso le risposte a un modulo, va­lutando le possibilità di riuscita in ba­se anche al contesto di vita e all’impe­gno necessario».

 

Insomma, per sperare in risultati duraturi gli attuali 12-13 milioni di fumatori andrebbero orien­tati verso specifiche competenze pro­fessionali. Ribadisce Francesco Schittulli, presidente della Lega Tumori:

“Il fumatore non è un nemico da ab­battere ma una persona da aiutare, un concetto culturale che è bene riprenda a farsi strada tra gli integralisti antifu­mo. La LILT pronta alla sfi­da in questa svolta con le sue struttu­re, i suoi uomini e i suoi volontari. È dimostrato che il consiglio del medico curante può incrementare il numero di fuma­tori che fanno seri tentativi di smette­re. La percentuale di quanti riescono a ottenere risultati stabili sembra limi­tata (5%) ma questo approccio raggiunge un gran numero di persone con risultati rilevanti a livello di popola­zione”

nota l’Osservatorio Fumo:

«Tra il personale sanitario la prevalenza di fumatori è paradossalmente più elevata di quella della popolazione generale».

Vari i metodi per “provare a farcela“. A qualcuno bastano esercizi di rilassamento che limitano ansia e stress. Per altri funziona l’agopuntura, con o senza supporto omeopatico la terapia di gruppo. Integrata da farmaci la te­rapia nei Gruppi di Fumatori in Trat­tamento, GFT, metodo sperimentato e perfezionato in Italia da Mangiaraci­na («non si fa il lavaggio del cervello ma si parla del cambiamento»), alla base dei programmi  per la dissuasione dal fumo  del ministero della Salute.