Raccoglievano i fiori e le foglie che trovavano e li usavano come medicine. Così gli uomini hanno cominciato a curarsi con la natura. La fitoterapia moderna affonda le sue radici nella preistoria. Molto tempo prima che la chimica cominciasse a sfornare i farmaci, erano queste le medicine. Ancora oggi, nonostante la veneranda età, le piante continuano ad essere preziose fonti di principi attivi utilissimi. La ricerca, anno dopo anno, promuove o boccia attraverso rigorosi studi scientifici l’utilizzo dei loro derivati in svariati ambiti terapeutici.
Per esempio, un’indagine pubblicata di recente sulla prestigiosa rivista the Lancet ha dimostrato che i prodotti erboristici a base dì echinacea arrivano a dimezzare il rischio di contrarre malattie da raffreddamento. Gli esperti però sottolineano che con i rimedi naturali, così come per i farmaci tradizionali, bisogna andarci cauti. Non sono acqua fresca soltanto perché derivano da piante. E, non sono esenti da rischi ed effetti collaterali. Poi, per avere la certezza che funzionino, è sempre meglio scegliere prodotti titolati, altrimenti la concentrazione dei principi attivi potrebbe non essere all’altezza.
Vediamo quali sono le piante che hanno superato lo scoglio degli studi scientifici e che quindi possono essere usate per curare disturbi e malattie. L’arnica, una pianta che cresce spontaneamente in montagna, possiede proprietà antinfiammatorie per uso esterno dimostrate e validate. Sotto forma di gel o crema è utile in caso di distorsioni ed ematomi. In uno studio, che ha coinvolto pazienti operati di tunnel carpale alla mano, è stata somministrata una pomata a base di arnica ad un gruppo e un placebo ai restanti. Si è visto che dopo una settimana nei pazienti trattati con arnica il gonfiore e il dolore si erano notevolmente ridotti.
Semaforo verde anche per l’echinacea: originaria del Nord America e del Messico, dalle sue radici si ricava l’estratto secco nebulizzato e titolato in echinacoside. Diversi studi clinici hanno dimostrato le sue proprietà immunostimolanti, utilissime in caso di influenza e raffreddore. I suoi principi attivi funzionano così: aumentano l’attività di diverse cellule del sistema immunitario, come linfociti e macrofagi, dando una mano all’organismo nel respingere le aggressioni di virus e batteri.
Anche l’ippocastano (Aesculus hippocastanum), dai cui semi si ricava un estratto secco nebulizzato e titolalo in escina, ha ricevuto il via libera della scienza: aumenta la resistenza dei capillari sanguigni, esercita un’azione antinfiammatoria e aiuta il drenaggio linfatico è quindi indicato nei disturbi da insufficienza venosa periferica (gonfiore alle gambe, varici e sindromi postflebitiche). Ha più o meno le stesse indicazioni, è una pianta erbacea perenne ed è conosciuta anche con il nume di “erba della tigre” perché, si dice, le tigri la usino per curarsi le ferite. La centella asiatica (Hydrocotyle Asiatica), di cui si usano le foglie, migliora la circolazione del sangue ed è quindi utile nei casi di insufficienza venosa.