Farmaci generici e bio creep. Termini utilizzati sempre più spesso, in grado di gettare nella confusione i tanti pazienti che non essendo esperti in materia, sono ogni volta più preoccupati di compiere qualche errore nell’assunzione dei farmaci. Nel tema del contendere tra farmaco brand e non di marca, può esistere una differenza ben tollerata tra il meno 80 per cento e il più 125 per cento di biodisponibilità di un prodotto rispetto all’altro. Altro dato di fatto è l’importanza centrale del medico che se non appone alcuna clausola sulla non sostituibilità della prescrizione, per il farmacista sarà libera l’eventuale scelta di consegnare un generico meno caro. Quando si parla di questi temi, infine, non bisogna mai sottovalutare il principio della continuità terapeutica, per avere gli effetti sperati o, almeno, per non peggiorare il proprio stato di salute.
Chi non segue una cura stabile rischia seri scompensi e alterazioni o, semplicemente, che non abbia effetto. Se, poi, come conferma l’Avv. Andrea Castelnuovo, il paziente decide di assumere periodicamente un generico A, uno B e uno C magari perché acquista il prodotto in diverse farmacie, pur essendoci il medesimo principio attivo, non è garantita la riuscita dell’obiettivo. Tendenzialmente sembrerà non accadere nulla, solo in un caso però si starà procedendo nel verso giusto: se la differenza di biodisponibilità tra i vari farmaci è minima. Grande attenzione comunque si deve prestare nel caso di farmaci ad indice terapeutico ristretto, come per gli immunopressori e per determinati soggetti, come le donne in stato di gravidanza e i bambini.
Qual è il problema però? Che non esiste una evidenza che faccia rendere conto al prescrittore, farmacista o paziente se tra i generici e i brand vi sia una differenza importante o meno. Questo perché i dati vengono custoditi gelosamente nei dossier di approvazione relativi all’immissione in commercio e non sono pubblicati in letteratura. Non c’è una legge che obblighi la loro resa pubblica. Studi in materia hanno infatti dimostrato che non sempre si resta entro i limiti di biodisponibilità e, a volte, non è certo che ci sia persino l’equivalenza.
Un paziente danneggiato dall’assunzione di un farmaco, in questo senso, come verrebbe risarcito? Esistono ancora dei buchi a livello giurisprudenziale e non sappiamo come potrebbe reagire un giudice di fronte ai relativi pericoli di un farmaco sostituito dal farmacista in assenza dell’indicazione di non-sostituibilità.