Un nuovo modo per “vedere”: farlo attraverso dei suoni, delle note. E’ questo il concetto che si trova alla base del progetto “Eye Music“ in corso di sviluppo alla Hebrew University di Gerusalemme. I primi risultati, pubblicati sulla rivista di settore Restorative Neurology and Neuroscience dimostrano come sia possibile trasformare grazie ad un programma appositamente composto le immagini in note musicali capaci di guidare i non vedenti.
Scientificamente viene chiamato “strumento di sostituzione sensoriale”, ma la sua semplicità lo rende davvero un esempio unico nel suo genere. Esso è composto di un paio di occhiali speciali, ai quali sono fissate delle piccole videocamere e collegata una telecamera piccola portatile da puntare a mano, capaci di scansionare le immagini che recepiscono in multi-direzione, indicando con un segnale di tipo sonoro l’inizio della scansione. A seconda di dove si posizionano i pixel degli oggetti vi è un suono di tipo differente. Un esempio? Quelli che compaiono in alto sono collegati ad una nota alta, quelli bassi ad una nota più grave. La posizione viene scandita dal tempo che intercorre tra l’inizio della scansione e la nota, mentre ad ogni colore è unito un particolare strumento. Eye Music non è invasivo e soprattutto può essere di facile gestione da qualsiasi persona non vedente. Commenta il suo creatore Amir Amedi:
Le note sono assemblate in modo da dare suoni melodiosi: ci siamo confrontati anche con musicisti e il risultato è un’esperienza musicale piacevole.
La riprova del suo funzionamento, ovviamente, è avvenuta nella vita reale, provando la macchina su 18 volontari bendati ai quali è stato richiesto di compiere dei movimenti solamente guidati da Eye Music. I dati raccolti sono poi stati confrontati con quelli raccolti in base ad una guida visiva. Ma la parte migliore, una volta spiegato il funzionamento dello strumento, ha riguardato la parte di analisi relativa all’attendibilità delle stimolazioni uditive. E’ stato infatti richiesto ai volontari di toccare su un tablet apposito un quadrato bianco che si trovava sullo schermo in diverse posizioni.
Continua il ricercatore:
I volontari hanno utilizzato le informazioni uditive per ricostruire in maniera abbastanza precisa la rappresentazione dello spazio. Questo indica che tale rappresentazione, nel cervello, non dipende strettamente dalla modalità sensoriale con cui si riceve l’informazione spaziale; inoltre, significa che con poco allenamento si può imparare a usare i suoni come guida per “vedere”.
Il prossimo step dei ricercatori sarà quello di perfezionare il dispositivo in modo da rendere possibile l’utilizzo effettivo per i non vedenti.
Fonte | RRN