La kinesiophobia è la paura di muoversi nel timore di sentire dolore. Si tratta di una patologia psicologica molto particolare, che rischia di rendere ancora più triste e difficile la vita di coloro che risultano affetti da dolori cronici.
Questo perché questa particolare fobia, non solo risulta invalidante a livello psichiatrico limitando notevolmente il raggio di “azione” del paziente che ne soffre, ma perché rischia di aggravare una eventuale situazione dolorosa di partenza .
Essa è caratterizzata da ansia, paura di uscire di casa, paura di muoversi ed addirittura di cadere . E campanello d’allarme deve essere rappresentato dalle seguenti frasi: “Non posso fare questo perché nelle mie condizioni aggraverei il mio stato di salute” o ancora “Se mi sento così, sicuramente vi è qualcosa che non va in me”. Abbiamo fatto degli esempi molto semplici che fanno però capire come, soprattutto in una situazione di malattia cronica preesistente, il paziente possa risultare estremamente limitato nella conduzione di una vita normale.
Fortunatamente, i ricercatori della Fondazione Maugeri hanno tradotto e adattato alla nostra lingua un test per la misurazione della kinesiophobia e la sua relativa scala, dimostrandone la validità attraverso uno studio specifico pubblicato sulla rivista Spine.
Spiega il dottor Marco Monticone, responsabile della ricerca:
Nella nostra ricerca abbiamo coinvolto 178 pazienti fra i 25 e gli 87 anni, con dolore alla schiena persistente ai quali abbiamo chiesto di compilare la scala per la kinesiophobia. I dati che abbiamo raccolto confermano che anche la versione in italiano di questa scala può quantificare oggettivamente le principali sfumature secondarie alla paura del movimento legata al dolore muscolare o osseo.
Ovviamente questa tipologia di test rappresenta un’ottima arma in mano al medico per inquadrare il paziente e capire se effettivamente sia vittima di dolore forte e reale o se abbia sviluppato questa fobia. Un utilità palese soprattutto in questo caso, dato che la paura della sofferenza rappresenta un’esperienza emotiva totalmente soggettiva, in grado di inabilitare le persone sia fisicamente che emotivamente.
Continua il luminare:
Chi soffre di dolori persistenti, infatti, sviluppa spesso disfunzioni del movimento dovute direttamente al dolore ma può anche sviluppare alterazioni dell’umore e del comportamento, causate dal dolore, che implicano forti condizionamenti della vita quotidiana.
Identificare il più presto possibile i comportamenti legati al dolore può quindi aiutare ad individuare le strategie più adatte per la cura.
Fonte: Corriere della sera