Ci sono persone che hanno una sopportazione del dolore molto inferiore alle altre. C’è chi si fa male al primo contatto con qualcosa di appuntito o bollente, altre invece che resistono molto di più. Altre ancora hanno sviluppato un sistema di autodifesa (come lo yoga) grazie al quale non sentono più nemmeno il minimo dolore. Queste storie, che sembravano leggende metropolitane, ora sono spiegate scientificamente, e sono possibili grazie al fatto che il dolore è nella nostra testa.
Non tutto, ma buona parte sì. Un nuovo studio australiano effettuato su persone affette da dolori cronici alle mani ha rilevato che, cambiando la percezione che questi pazienti avevano sui loro arti, il dolore spariva quasi completamente.
L’esperimento si svolgeva in questo modo: c’erano 10 volontari, i quali guardavano le proprie mani mentre 10 movimenti gli provocavano dolore di volta in volta. I partecipanti nel frattempo continuavano ad osservarsi gli arti in quattro modi differenti: con un semplice sguardo dei propri occhi, con dei binocoli che però non ingrandivano nulla, con dei binocoli che raddoppiavano la vista, e con dei binocoli invertiti, cioè che rendevano più piccolo ciò che si osservava.
Ebbene, i pazienti dichiaravano di sentire maggior dolore quando guardavano le proprie mani con i binocoli che raddoppiavano l’immagine, mentre percepivano minor dolore quando inforcavano i binocoli invertiti, in quanto vedevano le mani meno gonfie che in precedenza. Ovviamente sentivano un dolore intermedio senza binocoli o con quelli che non avevano effetto.
Risultato: gli scienziati non sono ancora sicuri di ciò che accade effettivamente, ma la tesi più probabile è che il cervello percepisca maggior dolore nel caso in cui guardi raddoppiare il gonfiore delle proprie mani, provando conseguenti sensazioni. In pratica il dolore dovrebbe essere la reazione alla percezione di pericolo, e il cervello lo fa percepire maggiormente per una forma di protezione. Con questo esperimento non si può tuttavia dire di aver risolto pienamente il mistero del dolore, ma potrebbe essere un buon passo in avanti verso una terapia per i milioni di malati di dolore cronico di tutto il mondo.