L’Associazione dei Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI) lancia l’allarme sulla diffusione di superbatteri particolarmente resistenti. In Europa, sono stati segnalati già un centinaio di casi, due terzi dei quali in Gran Bretagna, ed associati per la maggior parte a cure mediche o a viaggi nel continente indiano.
La produzione di enzimi NDM-1, rende i batteri resistenti ad un ampio spettro di antibiotici, come penicilline, cefalosporine, carbapenemi ed aztreonam. Le infezioni provocate da questi batteri sono molto difficili da trattare con successo. Recentemente, sono stati individuati 6 pazienti positivi superbatterio che erano ricoverati in 4 diverse strutture sanitarie e ricerche epidemiologiche hanno dimostrato in un caso un soggiorno in un ospedale indiano, mentre per gli altri 5 si ipotizza una trasmissione ospedaliera.
L’enzima NDM-1 è stato identificato per la prima volta nel dicembre 2009 in un paziente affetto da Klebsiella pneumoniae. Da quel momento, sono stati condotti diversi studi, ma una cosa è certa, i batteri che trasportano tali geni, spesso denominati “superbatteri” sono in grado di provocare infezioni estremamente difficili da curare.
Come spiega Giacomo Fortina, Presidente AMCLI:
In Italia sono stati documentati, a luglio 2011, solamente un paio di episodi, i due casi di infezioni causate da Escherichia coli in cui si è riscontata la presenza dell’enzima NDM-1, sono stati diagnosticati in Toscana, in persone di ritorno da viaggi in Asia. Non vi erano, però, evidenze di diffusione del superbatterio nel nostro Paese fino ai casi bolognesi. Tra di essi solo uno ha avuto contatto con l’India, quindi è probabile che la diffusione sia già importante anche in Italia.
Sulla base di queste scoperte recenti, l’Associazione Microbiologi Clinici chiede urgentemente delle misure per contenere la propagazione di questi tali batteri e richiama, ancora una volta, l’attenzione sulla trasmissione ospedaliera di queste, come di altre infezioni.
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[Fonte|Asca; Photo Credit|ThinkStock]