Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin lancia il Fertility Day per il prossimo 22 settembre: una campagna a favore della fertilità femminile e della procreazione. La reazione del web e della cultura? Negativa a 360° gradi. La motivazione? Deve essere cercata nella forma con la quale è stata presentata.
Meno nascite in Italia
Il fatto che le nascite in Italia siano calate e molto negli ultimi anni è un fatto inconfutabile. Le stime che si avvicendano sul tema dipingono un quadro della situazione chiaro e negativo: in Italia la procreazione è in netto calo. Voler richiamare l’attenzione sul tema della fertilità, sulla sua protezione e sulle opzioni disponibili per coloro che vogliono avere figli e le malattie che impediscono la procreazione è un obiettivo da considerare giusto e utile. Quante coppie non riescono ad avere una progenie perché ignorano di essere affetti da alcune condizioni patologiche? Molte. Quanti non conoscono i mezzi che hanno a disposizione per risolvere tali problemi? Ancora un gran numero. Ma un conto è offrire informazioni importanti sulle possibili soluzioni contro l’infertilità, un conto è, seppure involontariamente, offendere i destinatari della campagna.
Messaggio sbagliato e polemiche
Il problema del #fertilityday consta in tutto e per tutto nel mezzo scelto per lanciare la campagna. Le cartoline di informazioni che richiamano la questione riportano (seppure in modo non volontario, N.d.R.) la figura della donna a periodi oscuri dove se non si era madri e non si facevano presto figli, non si veniva considerati individui validi. Slogan come:
- “La bellezza non ha tempo, la fertilità si”
- “La fertilità è un bene comune (pessimo il paragone con l’acqua, N.d.R.)
- “Genitori giovani, è il miglior modo per essere creativi”
- “La Costituzione tutela la procreazione cosciente e responsabile”
- “Datti una mossa! Non aspettare la cicogna”
- “Prepara una culla per il futuro”
tutto suonano fuorché un’esortazione a verificare le eventuali problematiche relative alla fertilità. Sembrano voler annullare l’identità della donna come tale, riducendola al funzionamento del proprio utero.
E’ per questo motivo che il #fertilityday sta scatenando numerose polemiche. Atteggiamento controproducente per il messaggio reale alla base della campagna: invece che proporre le soluzioni a disposizione vengono promossi concetti anacronistici tutt’altro che utili nel “convincere”, anche se ne avessero la possibilità economica e fisica, i più giovani a combattere la denatalità. Dovrebbero venir proposte soluzioni di sostegno alla nascita ed all’infanzia non previste attualmente a livello governativo. Come sostenere la nascita e la crescita di un bambino? Come prendersi cura di lui nei primi anni dell’infanzia se i genitori non hanno un lavoro stabile? Servono soluzioni, non slogan.
Photo Credit | Ministero della Salute