Vivere in condizioni di disabilità significa essere poter essere affetti da diversi tipi di patologie, più o meno invalidanti che in alcuni casi possono portare all’impossibilità di utilizzare gli arti e comunicare. In questo caso solo la “forza del pensiero” può essere sfruttata.
Per questo motivo un gruppo di scienziati israeliani della Ben-Gurion University di Beer-Sheva of the Negev hanno messo a punto un personal computer, privo di mouse e tastiera, in grado di poter essere manovrato con la mente. Al momento si tratta solo di un prototipo ma i risultati sembrano essere davvero interessanti.
Si tratta di un dispositivo in grado di connettere in uno stesso processo l’attività celebrale di chi lo usa con il computer. Il software in utilizzo è basato sull’uso di un casco indossato dalla persona corredato di elettrodi atti a registrare l’encefalogramma del paziente che lo indossa. Spiega il ricercatore Rami Puzis:
La tecnologia è stata progettata per aiutare coloro che hanno una disabilità fisica grave e non riescono a manipolare un mouse o una tastiera.
La dott.ssa Donatella Mattia, neurologa e neurofisiologa all’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Santa Lucia di Roma e responsabile del laboratorio imaging e brain computer interfacing della struttura tenta di spiegarne il funzionamento in modo più diretto:
Il sistema di interfaccia computer-cervello consente di rilevare le intenzioni dell’utente, interpretando la sua attività cerebrale: gli impulsi elettrici vengono inviati al computer che traduce questi segnali in azioni.
Scorrendo la letteratura medica a tal riguardo si scopre che esistono già altri prototipi dal comportamento similare, che in più occasioni hanno dimostrato di essere di aiuto ai pazienti sui quali sono stati testati. Persone affette da grave disabilità che grazie a questi computer hanno avuto la possibilità di comunicare e recuperare parte della loro autonomia. Quello che sia in Israele che in tutto il mondo gli scienziati stanno cercando di fare è di trovare il modo di trasferire questa tecnologia ad un livello più ampio, in modo tale che sempre più persone possano utilizzare questi dispositivi fuori dai laboratori di sperimentazione.
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Fonte: Corriere della Sera