Il decreto sulle liberalizzazioni in via di approvazione da parte del Governo, che toccherà in maniera sensibile anche il comparto sanitario attraverso gli interventi previsti su farmacie e farmaci, sta creando non poco scompiglio nei settori protagonisti e tra le “parti” contrapposte. Il tutto dipende forse dalla necessità di non “scontentare” troppo le parti: lobby, brevetti, paure. E come sempre tali sforzi portano a malcontento generale.
Da una parte, plaudendo la liberalizzazione di farmaci di fascia C, Assogenerici teme, in base alle indiscrezioni circolate, che per i farmaci di sua competenza si prospetti una vita dura, se dal decreto di legge finirà per sparire la norma che indicava come l’Aic, l’autorizzazione alla messa in commercio, non debba tenere conto della copertura del brevetto ma della qualità, dell’efficacia e della sicurezza del medicinale.
In questo modo infatti, verrebbe dato un colpo di scure a tutte quelle aziende che hanno negli anni sviluppato un vero e proprio mercato, importante ed efficace anche per il cittadino, in merito al farmaci generici ed equivalenti. In un contesto, quello della crisi, nel quale anche curarsi costa “troppo” come potrebbe essere ammortizzata dalla popolazione una mancanza di rimborso.
Spiega Giorgio Foresti, presidente di AssoGenerici:
La norma sui brevetti va mantenuta, il Governo ci ripensi.[…]La giustizia amministrativa italianaha già compiuto importanti passi avanti nella liberalizzazione del mercato del farmaco, in particolare ribadendo i cardini della legislazione europea in questa materia.[… Il cammino compiuto dal farmaco generico in Italia in questi anni ha sempre visto la tematica della protezione brevettuale al centro del dibattito. Ci auguriamo che i principi espressi dalla giurisprudenza possano finalmente diventare una norma di legge in grado di scongiurare una volta per tutte gli interventi diretti in maniera artificiosa ad assicurare oltremodo la tutela dei brevetti farmaceutici.
Altrettanto polemica, ma di stampo completamente differente la posizione dell’Ordine dei farmacisti italiani. Che sottolineando come di solito non usi basarsi su indiscrezioni per intervenire, si staglia di netto contro l’idea della liberalizzazione dei farmaci di fascia C ed in particolare della loro vendita nei supermercati se sul territorio non sia presente almeno l’80% delle farmacie previste secondo i nuovi parametri.
Secondo il presidente Andrea Mandelli sarà infatti possibile raggiungere i dati richiesti per evitare tale “liberalizzazione” essendo già presente, per motivazioni di convenienza, un assenza di almeno mille farmacie previste dai concorsi e rifiutate da chi avrebbe potuto gestirle per la mancanza di supporto sia in termini economici di rimborso (ritardi, mancanze, n.d.r) sia di prescrizioni.
Sottolinea il presidente Andrea Mandelli:
In realtà, se si prevede una farmacia ogni 3000 abitanti, si dovrebbero assegnare 6500 farmacie, di cui 1000 sono già oggi vacanti perché, non consentendo letteralmente la sopravvivenza a chi le dovrebbe gestire, sono sempre state rifiutate dai vincitori dei concorsi. E’ evidente che con questo handicap non si raggiungerà mai il tetto minimo di aperture imposto dal decreto. Tanto vale allora dire esplicitamente che si vuole uscire dall’Europa e portare le ricette al supermercato.
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