Lo chiamano shortino, ma si dovrebbe dire shottino (da to shot, sparare). È la nuova moda del momento che dalla Capitale sta aprodando anche sulla nostra costa. E il bicchierino esplosivo che ti fa sentire accettato dal gruppo. Quello che ti rende trendy agli occhi degli altri. Quello che ti fa sfoderare la loquacità che ti contraddistingue. Quello che ti fa sentire più sicuro. Quello che costa solo un euro. Quello che se esageri, al terzo o quarto minuscolo bicchierino ti manda in coma etilico…
Eh sì, sul nostro territorio anche se gli eccessi alcolici tra i giovani non sembrano diffusi come altrove, abbiamo scoperto che una certa percentuale sfora la rassicurante contabilità e ai nostri microfoni non nasconde la sensazione di benessere data dall’ingoiare un’abbondante, colorata e fresca miscela superalcolica. Giovani e abuso di alcol: una piaga che stando alle cronache dei quotidiani più avvalorati sembra allargarsi a macchia d’olio. A parlare sono le statistiche che, di anno in anno, vedono abbassarsi l’età di chi assume alcol. E se in passato a primeggiare erano i ragazzi, dal 1998 ad oggi si è avuta una escalation che ha avvicinato paurosamente la percentuale di ragazze, di età compresa tra i 14 e i 16 anni, al vizio del bere. Per non parlare dei gravi danni alla salute e delle giovani vittime di incidenti stradali.
Secondo le stime dcll’Oms nove giovani su dieci bevono durante il weekend, con un allarmante picco per i minorenni: il 42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze che bevono fino ad ubriacarsi ha meno di 18 annl. Un consumo sregolato che tradizionalmente non appartiene alla nostra cultura, dove il vino è stato considerato per millenni un alimento come il pane o le verdure. Dove il giovane veniva gradualmente iniziato ad un consumo alcolico mai finalizzato all’estraniamento dello sballo, bensì ai significati più profondi e ai sani piaceri del nettare di Bacco. Dove la debolezza dell’ubriacone era vista con disprezzo o commiserazione.
Un’art de vivre ereditata dall’antichità classica: greci e romani guardavano con ripugnanza all’abuso di vino e si differenziavano dal barbaro, che invece indulgeva al consumo disordinato, proprio attraverso il bere ritualizzato e controllato. Invece oggi, stando alle parole del direttore del centro Oms per la ricerca sull’alcol Emanuele Scafato i giovani italiani rischiano di diventare
“vittime inesperte di un sistema sociale,familiare e culturale che ha perso i livelli passati di controllo e non protegge adeguatamente dai rischi”.
In ogni caso, il proibizionismo tout court, non sembra la strada migliore. Il disagio non si vince con la cieca imposizione, ma con l’educazione al bere consapevole e moderato, con la trasmissione di valori che appartengono alla nostra cultura fondata sull’equilibrio e lontana dagli eccessi. Carducci d’altronde ha scritto:
“Chi beve vino con moderazione vive più a lungo del medico che glielo proibisce “.
Del resto il problema non è il tipo di sostanza o bevanda di cui si abusa, ma la mentalità che porta all’abuso. E’ questa mentalità che va combattuta, a partire dalla famiglia e dalla scuola. Vincere la sottocultura dello sballo, infatti, significa non solo ridurre, i danni legati al consumo eccessivo di alcol, ma anche contrastare l’uso di stupefacenti.
È importante che i ragazzi conoscano i reali valori e piaceri del vino, che solo un consumo attento e moderato consente di goderne appieno. Così come è importante far capire loro che una cattiva educazione al bere può sfociare nella dipendenza e nella malattia. L’unico consiglio avvalorato dagli esperti è quello di dialogare e non soffocare i ragazzi con pressanti divieti, bensì instradarli a far leva sul buonsenso e sulla conoscenza che libera e rende lucidi di agire, riuscendo a divertirsi senza alzare troppo il gomito per salvaguardare la propria vita che non ha prezzo.