Quando si parla di traumi sportivi che coinvolgono l’area cerebrale l’attenzione posta nella convalescenza deve essere sempre molto alta. Ma fino ad ora non si sospettava che negli adolescenti vi sia una maggiore difficoltà di ripresa. Una nuova ricerca condotta sul tema del trauma cranico dall’Università di Montreal e pubblicata su Brain Injury, ci spiega l’entità del fenomeno.
Secondo lo studio condotto dagli scienziati canadesi, gli adolescenti sono più sensibili agli effetti delle “concussioni cerebrali da sport” rispetto agli adulti od addirittura in comparazione ai bambini in alcuni casi. Ma cosa sono? Parliamo di un tipo di lesione che agisce di norma sulla memoria di lavoro, ovvero quella funzione cerebrale che da modo all’essere umano di elaborare e memorizzare le informazioni a breve termine di tipo essenziale. Un esempio? La lettura ed il calcolo mentale.
Spiega il dott. Dave Ellemberg, autore dello studio e docente del Dipartimento di Kinesiologia a Montreal:
Le regioni frontali del cervello sono più vulnerabili alle commozioni cerebrali. Queste aree supervisionano le funzioni esecutive responsabili della pianificazione, organizzazione e gestione delle informazioni. Durante l’adolescenza, queste funzioni sono in rapida evoluzione, ciò le rende più fragili allo stress e al trauma.
E’ per tale motivo, sottolinea, che per molto tempo la medicina ha pensato che il cervello di un adolescente fosse “più plastico” e riuscisse a risolvere con maggiore rapidità i problemi causati dallo stress o da un infortunio. La ricerca ha dimostrato che la realtà dei fatti è l’esatto contrario.
Il luminare ed il suo team hanno preso in considerazione nel corso della sperimentazione 96 atleti, un terzo dei quali rappresentato da adulti. Gli altri due gruppi erano composti da bambini di età compresa tra 9 e 12 anni e tra 13 e 16 anni. Come da protocollo i partecipanti allo studio sono stati sottoposti a dei test neuropsicologici tradizionali come quelli utilizzati dalla lega canadese di Hockey. I dati raccolti sono stati confrontati con quelli ottenuti dalla misurazione elettrofisiologica dell’attività della memoria di lavoro. Conclude il ricercatore:
Le conseguenze per i più giovani sono risultate più drammatiche e durevoli nel tempo. Non dimentichiamo che i lunghi mesi di recupero imposto ai ragazzi con commozione cerebrale una pausa dannosa da tutti gli stimoli: niente scuola, niente televisione, nessun videogioco. Questa assenza di stimoli combinata con la conseguenze del problema sulla memoria di lavoro impediscono il pieno superamento del trauma.
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Fonte: Brain Injury