La mastectomia preventiva a cui si è sottoposta Angelina Jolie ha fatto discutere il mondo. Due settimane fa, infatti, la celebre attrice pubblicava una lettera sul New York Times dove comunicava di essersi fatta asportare i seni per prevenire il cancro che aveva colpito la mamma, morta all’età di 56 anni. Dopo la scomparsa della zia, per le stessa mutazione dei geni BRCA1, per altro dopo l’intervento della Jolie, è scoppiata una vera e propria piscosi.
Dopo il caso Jolie al Sant’Andrea di Roma le richieste per eseguire i test genetici per verificare la presenza di eventuali mutazioni sono cresciute dell’80%. Come ha dichiarato la Professoressa Adriana Bonifacino, responsabile dell’Unità di diagnosi e terapia in senologia:
L’effetto Jolie è stato uno tsunami, anche perché trova una popolazione impaurita e poco informata in fatto di prevenzione. Il messaggio che è passato è “Ho paura del cancro e mi tolgo le mammelle”. Qui parliamo invece di un rischio concreto di una popolazione che si è sottoposta a un test avendo le caratteristiche familiari per sottoporsi a una consulenza genetica.
La Bonifacino, infatti, sottolinea che per sottoporre al test le persone sane è necessario prima di tutto dimostrata la presenza della mutazione nel parente affetto dalla malattia. È dunque inutile fare un test a tappeto su persone non a rischio e come precisa il genetista Bruno Dallapiccola, l’asportazione dei seni non annulla comunque il rischio di poter essere colpiti dal cancro:
Anche con la mastectomia la donna portatrice di tale mutazione genetica avrà comunque il 5% di possibilità di sviluppare recidive, o potrà avere un tumore all’ovaio al quale tale mutazione rende suscettibili.
Come suggeriscono gli esperti il gene difettoso che predispone al cancro al seno ereditario riguarda 1 donna su 800 ed è bene lasciarsi consigliare dai medici, invece che farsi trasportare dal clamore legato al personaggio noto.
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