Devono stare attente ad un sacco di pericoli, ma quando si parla di cuore, per le donne, la musica cambia. E parecchio. Rispetto agli uomini, infatti, per buona parte della vita godono di un vantaggio per nulla trascurabile: fino alla menopausa il loro cuore non corre praticamente alcun rischio. La menopausa, il periodo in cui cessano i cicli mestruali e, con essi, la funzione riproduttiva, è in realtà un fenomeno graduale, caratterizzato da importanti mutamenti fisilogici che coinvolgono vari aspetti della salute femminile.
La menopausa di per sé non è certo una malattia, tuttavia, poiché la modificazione dell’assetto ormonale che essa comporta aumenta il rischio di sviluppare alcune gravi patologie, tra cui quelle cardiovascolari, è sicuramente il caso, al suo insorgere, di riservare alla propria salute qualche attenzione in più. La progressiva diminuzione della produzione di ormoni implicati nella regolazione dei cicli mestruali e della fertilità contrassegna la menopausa ed è la principale responsabile sia dei disturbi associati al suo esordio, sia dei cambiamenti metabolici che si sviluppano nel tempo.
Vampate di calore, instabilità emotiva, infiammazioni vaginali possono essere molto fastidiosi, ma sono relativamente innocui. Nel senso che non comportano danni organici o funzionali. Al contrario, i cambiamenti metabolici, come l’aumento della colesterolemia, della trigliceridemia e della glicemia, l’ ipertensione arteriosa e il sovrappeso non danno sintomi per molto tempo, ma possono diventare pericolosi, perché mettono a rischio la salute del cuore.
Arterie e cuore sono protetti dagli ormoni sessuali, soprattutto estrogeni, per tutta l’età fertile. Ma in menopausa diventano via via più vulnerabili, finché, dai 60 anni in su, c’è quasi la stessa probabilità che hano i coetanei di sesso maschile di andare incontro a infarto e ictus cerebrale. Il primo provvedimento da prendere è sicuramente quello di tenere sotto controllo i principali fattori di rischio cardiovascolare.
Sono soprattutto quelli modificabili a fare la differenza: esposizione a contaminanti ambientali, abitudini dietetiche e stili di vita in generale. Anche se in alcune persone ci può essere una predisposizione ereditaria (che si manifesta con alta frequenza di disturbi ischemici, infarti o ictus nei familiari), sono in gioco in particolare l’alimentazione e la quantità di attività fisica.
Fonte http://www.consumercare.bayer.it/ebbsc/export/sites/cc_it_internet/it/Sapere_and_Salute/articoli/Maggio_2010/09_Prevenzione.pdf