Talidomide per combattere il morbo di Crohn? Potrebbe essere una strada da seguire. Lo sciagurato farmaco che nel secondo dopoguerra ha causato malformazioni e focomelia a più di dodicimila bambini rischia di venir utilizzato per curare ben altre malattie.
Il talidomide, utilizzato per curare le nausee mattutine delle donne negli anni 50, venne ritirato dal commercio nel 1961, salvo poi tornare a nuova vita sanitaria negli ultimi anni come terapia contro gli effetti cutanei del lupus. Nuove ricerche, tra le quali quella che stiamo per presentarvi, lo hanno portato ad essere una delle prime scelte sperimentali contro le malattie infiammatorie croniche intestinali, il mieloma multiplo e come anticipato il morbo di Crohn. In particolare la validità del farmaco è stata espressa nell’approccio alla malattia nei bambini.
Nel corso di uno studio italiano pubblicato sulla rivista di settore Journal of the American Medical Association, i ricercatori hanno potuto verificare come somministrando il farmaco in doppio cieco a 28 bambini e un placebo ad altri 26, lo stesso portava ad ottenere un effettiva risposta positiva nel 75% dei pazienti coinvolti. Ottenendo, va sottolineato, una remissione di tipo clinico su 31 malati su 49. Tutto questo somministrando il talidomide una volta al giorno.
Al momento gli scienziati si esprimono con cautela sottolineando che la remissione dei sintomi avvenuta in età pediatrica non conduce automaticamente allo stesso effetto nell’età adulta. E che in caso di effetti collaterali, è necessario immediatamente interrompere la terapia al fine di non incappare in conseguenze più gravi. La sua storia non va infatti dimenticata.
Al momento, come è evidente, la terapia è in fase sperimentale e prima di poter considerare davvero sicuro il farmaco sarà necessario attendere altri campioni ed altri risultati. Senza dubbio quelli ottenuti finora aprono una speranza seria per i malati di morbo di Crohn, soprattutto per quelli i cui normali farmaci biologici attualmente in commercio non hanno avuto effetto.
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