Fertilità maschile e inquinamento vanno da diverso tempo a braccetto, purtroppo. Diverse ricerche eseguite negli anni mostrano come vi sia un possibile legame tra le due cose. Ora, nel 2022, facciamo il punto della situazione per comprendere quanto effettivamente gli spermatozoi siano in pericolo.
Fertilità maschile messa a repentaglio da particolato
Primo fatto: l’inquinamento dell’aria potrebbe avere effettivamente conseguenze negative sullo sperma e più precisamente sulla motilità degli spermatozoi, ovvero la velocità con la quale tentano di raggiungere l’ovulo. Un recente studio condotto su un campione di 34 mila uomini cinesi, pubblicato su JAMA Network mostrerebbe una certa correlazione.
Già in passato alcuni lavori scientifici avevano fatto notare l’esistenza di questa possibilità, ma per diverso tempo, alcuni risultati contraddittori hanno fatto si che gli esperti non fossero particolarmente concordi su una tesi univoca. La differenza rappresentata da quest’ultima ricerca sta nel fatto che grazie a un ampio campione, si sarebbe riusciti a confermare una correlazione invece che una casualità, fattore che rendeva dubbiosi gli scienziati.
La correlazione vi sarebbe nello specifico tra le quantità di particolato atmosferico e la qualità dello sperma. Le polveri sottili, secondo lo studio, non hanno particolare influenza sulla concentrazione e la quantità degli spermatozoi nel liquido seminale ma la avrebbero sulla loro velocità di movimento. A dimensioni di particolato minori corrisponderebbero rischi maggiori per la fertilità maschile.
Negli uomini presi a campione, di età media pari a 34 anni che erano stati esposti a polveri sottili inferiori a 2,5 micrometri, gli scienziati hanno rilevato una diminuzione nella motilità pari al 3,6%: valore pari al 2,44% in coloro esposti a polveri di 10 micrometri. Più le polveri sono sottili, infatti, più riescono a penetrare a fondo nei polmoni causando danni all’intero organismo.
Danni maggiori in parte iniziale spermatogenesi
Tra l’altro i dati pubblicati su JAMA Network evidenzierebbero come i danni maggiori siano riscontrabili se gli uomini sono esposti a inquinamento atmosferico nella parte iniziale dei giorni della spermatogenesi e non nelle fasi successive. Come ha spiegato Allan Pacey, professore di andrologia all’Università di Sheffield e non parte del team di ricerca:
Le conclusioni dello studio sono interessanti, ma bisogna tenere presente che correlazione non vuol dire causalità.
Secondo l’esperto bisognerebbe parlare anche di morfologia e grandezza degli spermatozoi, per comprendere se sia una eventuale malformazione la causa del loro rallentamento.
Insomma, nonostante il campione preso in considerazione consenta di dire qualcosa di più sulla correlazione tra fertilità maschile e inquinamento, un pizzico di precisione e qualche dato in più non guasterebbero nel spiegare meglio la situazione.