Mentre il mondo è preoccupato dal virus dell’influenza suina, il quale dopotutto ha fatto relativamente poche vittime (meno dell’1% dei contagiati), dall’Africa potrebbe arrivare un nuovo virus ben più pericoloso, con un tasso di mortalità dell’80%. I ricercatori lo hanno nominato virus Lujo, dalle sillabe iniziali delle prime due città dov’è stato rilevato, Lusaka (Zambia) e Johannesburg (Sudafrica).
Inizialmente il virus Lujo è stato confuso con quello dell’ebola, in quanto ha più o meno gli stessi sintomi, e cioè febbre molto alta, dolori muscolari, eruzioni cutanee e diarree gravi, coma, fino ad insufficienza di diversi organi, in special modo il fegato. Successivamente però si è notato come i medicinali contro l’ebola non erano efficaci, e dunque ci si è resi conto che si tratta di un nuovo e pericolossisimo virus.
La prima volta che è stato osservato è stato solo lo scorso anno, in Sudafrica, dal dott. Nivesh Sewlall, il quale ha presentato al mondo la sua scoperta durante la conferenza annuale sugli agenti antimicrobici e la chemioterapia (Icaac) di San Francisco. Secondo quanto riporta il dottor Sewlall, il virus ha fatto la sua prima vittima in Zambia, nella città di Lusaka, dove una donna, guida turistica, ha mostrato i sintomi della febbre emorragica.
Trasportata d’urgenza all’ospedale di Johannesburg, uno dei più attrezzati dell’intero Continente, la donna è deceduta, e come lei anche tre infermieri che l’hanno curata, i quali sono stati contagiati quasi immediatamente. Una quarta infermiera invece è sopravvissuta perché curata immediatamente con l’antivirale ribavirina utilizzato contro la epatiti B e C. La cura è stata molto dura, e la donna ha lottato tra la vita e la morte. Dopo essere scampata al pericolo però, ha avuto bisogno di un anno di degenza prima di rimettersi in forze e poter tornare a lavorare.
L’unica “buona notizia”, se così si può definire, in tutta questa faccenda è che il virus non si trasmette così facilmente come accade ad esempio con l’A H1N1, ma per essere contagiati bisogna venire in contatto con il sangue o con le secrezioni corporali della persona infetta. Secondo i primi dati provenienti dai laboratori della Columbia University di New York, si tratterebbe di un virus appartenente alla famiglia degli arenavirus, molto simile all’agente che provoca la febbre di Lassa, una patologia molto comune in Africa, già nota da tempo.