Consultori: sempre di meno e con meno lavoratori, in tutto il territorio italiano. E’ questa la triste fotografia di una realtà nata per venire incontro alle esigenze del cittadino e che, come molte altre, deve fare i contri con una crisi sia economica che di sistema.
I primi consultori famigliari (Cf) sono nati in Italia 35 anni fa, per venire incontro alle esigenze delle famiglie, le quali necessitano spesso di assistenza per ciò che riguarda la loro affettività, il sapersi relazionare l’un l’altro, la propria sfera sessuale.
Si tratta di centri di supporto di donne sole in gravidanza, di famiglie che sperimentano sulla propria vita la disabilità. Strutture che invece di essere potenziate, nonostante siano state recentemente inserite come cardine anche nel decalogo per una buona gravidanza redatto dal Ministero della Salute per i nosocomi italiani, vengono sempre di più sottoposte a tagli di personale e di fondi.
A dare una fotografia interessante della situazione è il rapporto “Organizzazione e attività dei consultori familiari pubblici in Italia – anno 2008“, redatto dallo stesso Ministero e presentato presso l’ultimo incontro della Sigo, la Società italiana di Ginecologia ed Ostetricia. Si tratta di un indagine che ha voluto scavare nel profondo della realtà, al fine di far emergere capillarmente le problematiche tipiche di queste strutture.
Secondo la legge 34/1996 i consultori famigliari dovrebbero essere uno per ogni 20mila abitanti nelle città e uno ogni 10mila nelle zone rurali, per un totale di più di 3mila strutture. In tutto il territorio italiano ve ne sono solo 1011, per una media di 1 ogni 31971 abitanti. Un numero più basso rispetto a quello registrato nei 2 anni precedenti: ben 186 strutture infatti sono state chiuse.
Giovanni Ascone, direttore dell’Ufficio per la tutela della salute della donna e dell’età evolutiva, sostiene che tale trend negativo sia dovuto anche allo scarso interesse che le strutture destano nonostante la loro importante opera:
Nel tempo i consultori familiari non sono stati né potenziati né adeguatamente valorizzati in diversi casi l’interesse intorno al loro operato è stato scarso ed ha avuto come conseguenze il mancato adeguamento delle risorse, della rete dei servizi, degli organici, delle sedi.
E’ proprio la mancanza di personale il problema più sentito: delle 7/8 unità previste per legge, la loro presenza è effettiva, per mancanza di fondi, solo nel 21% dei casi.
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