Un intervento all’avanguardia è avvenuto all’Ospedale delle Molinette di Torino. Per la prima volta in Italia è stato eseguito un autotrapianto di rene per via laparoscopica. Protagonista di questo miracolo della medicina una donna di 72 anni di Pinerolo. L’organo è stato espiantato, riparato e quindi nuovamente reimpiantato nella paziente. Un lavoro di concerto di diversi specialisti che ha segnato un importante passo per la chirurgia italiana inerente i trapianti.
Per l’intervento è stata richiesta la piena collaborazione di ben due reparti del noto nosocomio piemontese: quello di Urologia Universitaria I, diretta dal prof. Paolo Gontero e quello di Chirurgia Vascolare Universitaria, guidato da Pietro Rispoli. L’anziana paziente soffriva infatti di una grave e particolare vascolopatia.
Il rene della donna era afflitto da una patologia dei vasi sanguigni dell’organo che si manifestava in un aneurisma decisamente importante di uno dei rami profondi dell’arteria renale. Il rene è stato prima espiantato per via laparoscopica dall’equipe chirurgica guidata da Paolo Gontero e con la collaborazione del dott. Alessandro Greco e del dott. Lorenzo Repetto, dopodiché è stato affidato agli esperti del reparto di chirurgia vascolare dove Rispoli, ed il suo staff, composto dal dott. Ugo Bertoldo e dal dott. Massimo Conforti hanno “aggiustato” il rene, effettuando una resezione microchirurgica dell’aneurisma in stato di ipotermia dell’organo.
Il rene è stato quindi immediatamente reimpiantato utilizzando la stessa piccola incisione da cui era stato estratto per via laparoscopica. La tecnica utilizzata per la prima volta sulla paziente in questione, rivoluziona in maniera sostanziale quella che è la prassi di autotrapianto comunemente utilizzata dai nosocomi per interventi di questo genere. Questa operazione infatti avviene solitamente per normale via chirurgica, aprendosi uno spazio partendo dalla fossa iliaca.
Il primo passo è stato compiuto alle Molinette: l’operazione è riuscita alla perfezione, senza che la donna avesse a subire alcuna conseguenza, ma soprattutto rendendo la sua convalescenza decisamente più accettabile rispetto a quella derivante dai normali protocolli.
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Fonte: Corriere della Sera