Tra lo stress, il caldo e le problematiche da affrontare ogni giorno, la memoria spesso ne risente. Nonostante tutto un fattore non va tralasciato: se il nostro cuore sta bene e non soffre, anche la nostra memoria né giova. È questo il risultato di uno studio pubblicato recentemente sulla rivista di settore Neurology e condotto dai ricercatori inglesi dell’Università dell’Est Anglia.
Praticamente è bene curare il cuore per preservare la mente. Secondo gli scienziati chi soffre di fibrillazione atriale, soprattutto in seguito a un infarto è più propenso a sviluppare problemi di memoria. Cerchiamo di capire insieme di cosa stiamo parlando: per fibrillazione atriale s’intende una delle più comuni forme di aritmia cardiaca. Le sue cause sono differenti e di varia natura: lo stress, l’abuso d’alcol, cardiopatie congenite, ed ipertiroidismo sono le principali. Secondo i dati provenienti dall’Inghilterra, nel paese della regina Elisabetta almeno 2% della popolazione soffrirebbe di questo disagio, con valori molto bassi nei bambini e pari a circa 18% negli anziani oltre gli 85 anni.
La ricerca preso in considerazione i dati e tutti risultati pubblicati relativi a ben 15 studi del settore i quali hanno potuto contare sulla partecipazione di almeno 46.000 persone di età media pari a 70 anni. Stimolo a tale studio è stato dato dal rapporto che già in passato, attraverso altre sperimentazioni, si era riscontrato tra la fibrillazione atriale ed i sintomi relativi alla demenza senile. Questa meta-analisi, come da sua definizione, ha tentato di chiarire questa correlazione. Dall’incrocio dei dati è emerso che chi sopravvive ad un infarto e in seguito ha disturbi del ritmo cardiaco, ha un rischio maggiore di sviluppare danni alla memoria rispetto a chi ha un battito regolare, di almeno 2.4 volte .
Spiega il responsabile dello studio, Phyo Kyaw Myint:
I nostri risultati rappresentano il punto di partenza per individuare delle cure che possano ritardare, o meglio ancora prevenire, i danni dovuti alla demenza senile.
Curare la fibrillazione attraverso l’opportuna terapia farmacologica potrebbe quindi essere di aiuto a preservare le capacità mnemonica e dell’anziano evitando futuri danni cerebrali.
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