Quella delle cellule staminali è una branca della scienza in continuo fermento. Gli scienziati sono alla continua ricerca di un mezzo per combattere le maggiori patologie tumorali e genetiche. Novità importanti arrivano da ben due ricerche. La prima, condotta dall’Università di Cambridge e dal Sanger Insitute del Regno unito è riuscita a modificare il dna rendendolo nuovamente sano.
Si tratta di un contesto particolare, quello relativo al fegato ed alle sue malattie. Ciò non toglie che la scoperta, vista nell’ottica di alcune patologie ha dell’incredibile. I ricercatori, il cui studio è stato pubblicato all’interno della rivista di settore Nature, sono stati in grado di mettere a punto una tecnica innovativa per ottenere dalla pelle delle cellule staminali capaci di differenziarsi in cellule epatiche sane.
Tutto ciò è stato possibile grazie alla focalizzazione degli esperti su una particolare mutazione genetica epatica che nel fegato causa a lungo andare l’accumulo di una particolare proteina, conosciuta scientificamente con il nome di alfa 1-antitripsina, base dello sviluppo di malattie come l’enfisema polmonare e la cirrosi epatica.
Utilizzando le cellule della pelle di un uomo affetto da tale mutazione, gli scienziati sono stati in grado di convertire le stesse in cellule staminali correggendo con una copia “corretta” del gene quella difettosa. Trapiantate nei topi le cellule si sono dimostrate perfettamente funzionanti.
La seconda ricerca, sempre focalizzata sulle staminali, riguarda invece la loro moltiplicazione. I ricercatori del Wellcome Trust Sanger Institute , sempre in Inghilterra, hanno sviluppato infatti una tecnica di riprogrammazione cellulare per trasformare le cellule adulte in staminali 100 volte più efficaci di quelle tradizionalmente ottenute.
Al posto delle quattro proteine utilizzate da protocollo, il dott. Wei Wang e la sua squadra di medici hanno introdotto nel processo due nuovi fattori in grado di velocizzare l’intero iter, facendo crescere in maniera decisamente più rapida le cellule staminali. Lo studio, pubblicato su Pnas, rappresenta secondo il coordinatore Weng, una “pietra miliare nel campo delle staminali umane.
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