Una completa rivisitazione della terapia intensiva. E’ a questo che vogliono lavorare i componenti del Comitato nazionale di Bioetica attraverso un documento a riguardo che verrà approvato la prossima settimana.
Un incontro che viene a concludere idealmente un percorso affrontato dagli esperti per far si che la terapia intensiva non sia solo un reparto nel quale il paziente viene seguito in modo serio e continuo ma anche un luogo nel quale possa sentirsi comunque vicino alla propria famiglia ed ai propri cari. Al momento infatti la quasi totalità dei reparti sono caratterizzati da esclusione ed isolamento. I pazienti non possono fare altro che veder sfilare i parenti da un vetro e non possono beneficiare psicologicamente di quello che sarebbe il contatto fisico con loro. Ovviamente data la particolarità della situazione verranno stabilite delle regole da seguire ben precise, ma che possano dare modo di rendere meno “pesante” da sopportare la degenza ai malati.
Per il comitato di bioetica è una strada necessaria da intraprendere, in modo tale da assicurare la presenza, per i pazienti, di tutte le figure utili alla sua guarigione: quelle sanitarie e quelle personali. Se cosciente, in tal senso, secondo il documento la persona dovrà essere consultata a riguardo. L’Italia, in quanto ad organizzazione di terapie intensive o reparti di rianimazione “open” è ancora il fanalino di coda d’Europa, anche se il loro numero è passato da un misero 0,4% ad un 12% perlomeno più accettabile. Peggio di noi infatti vi sono solo la Francia ed il Belgio.
Bisognerà “educare” sia i famigliari che gli operatori sanitari a questo cambiamento ed all’aumento delle ore di visita, ma su questo punto gli esperti sono abbastanza fiduciosi di riuscire in breve tempo ad adeguare la situazione. In fin dei conti la guarigione passa anche attraverso il morale del paziente, e riuscire a fare di tutto per tenerlo il più alto possibile è una prerogativa che i sanitari vogliono sfruttare appieno.
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