Le dichiarazioni di Gordon Caldwell, un medico consulente del Worthing Hospital nel West Sussex, pubblicate sull’autorevole rivista British Medical Journal, sono di quelle destinate a far discutere. Caldwell sostiene infatti che spesso la prima diagnosi fatta dai medici è sbagliata.
Personalmente ho sempre avuto molto rispetto per il camice bianco, e pur sapendo che, in quanto esseri umani, possono sbagliare e che a volte è meglio chiedere un secondo consulto, ho estrema fiducia nella professionalità della categoria. Tuttavia, queste dichiarazioni lasciano un po’ allibiti. Caldwell è convinto, infatti, che la colpa di diagnosi sbagliate sia dovuta principalmente alla mancanza di tempo:
i medici non hanno abbastanza tempo per fare diagnosi corrette sui pazienti e alcuni possono essere danneggiati o addirittura morire perché i loro veri problemi non vengono individuati tempestivamente.
Ovviamente qui si parla di diagnosi di emergenza, in tutti quei casi in cui intervenire in tempo è fondamentale. Una diagnosi sbagliata a volte non incide perché c’è il tempo di arrivare a quella giusta, altre può essere fatale:
A volte i medici si rendono conto che la diagnosi iniziale è sbagliata solo quando il paziente non risponde al trattamento o quando inizia a peggiorare.
Il medico prosegue, facendo alcuni esempi pratici:
Le conseguenze possono essere significative. Un paziente trattato in base a una diagnosi di embolia polmonare (coaguli nel polmone), ma che soffre realmente di polmonite può morire senza un trattamento adeguato.
Caldwell prosegue insistendo sul fattore tempo:
Il tempo necessario per raggiungere la diagnosi corretta può essere cruciale per la possibilità del paziente di sopravvivere. Nell’arco della mia esperienza ho visto molti errori di diagnosi con danni per i pazienti e anche casi di morte.
La causa della mancanza di tempo, a mio avviso, è da cercarsi più nel sistema che nella professionalità del medico. Ed infatti è attribuibile, come sottolinea lo stesso Caldwell, alla carenza di posti letto negli ospedali, che mette sotto pressione il personale medico, alle note mediche non disponibili o disorganizzate, ai test ed alle analisi i cui risultati tardano ad arrivare.
Un problema di cui si parla poco. Perché? Ce lo spiega uno che il medico lo fa di mestiere e conosce bene le dinamiche interne di questa professione:
Per paura di un contenzioso, per paura di perdere la faccia o semplicemente per la difficoltà di spiegare la complessità di ciò che facciamo ogni giorno, non siamo riusciti a portare a conoscenza di questo problema molto importante i nostri pazienti e la società.
Una soluzione al problema sarebbe, conclude Caldwell,
progettare gli spazi di lavoro e dei sistemi informativi per massimizzare la capacità dei medici di vedere, capire le informazioni necessarie per una diagnosi piu precisa.
Che ne pensate?
[Fonte: Agi Salute]