Nella partita tra chi dice che le droghe leggere sono uguali a quelle pesanti, e quelli che invece sostengono il contrario, oggi segnano un punto i sostenitori della seconda tesi. Una ricerca effettuata presso il King’s College di Londra, pur premettendo di non voler affatto sostenere che le droghe leggere siano cosa buona e giusta, ha però provato che nella stragrande maggioranza dei casi le persone che da giovani hanno fatto uso di queste sostanze stupefacenti, una volta superati i 50 anni, non hanno mostrato segni di degrado mentale o altri problemi simili.
La ricerca è stata effettuata sui cosiddetti “figli dei fiori”, quel gruppo di giovani degli anni ’60 e ’70 che erano dediti al consumo di quelle che oggi chiamiamo droghe leggere, cioè hashish e marijuana, ma anche (in particolare in anni successivi) LSD, funghi allucinogeni o ecstasy.
Sottoponendo novemila inglesi che ormai hanno superato i 50 anni a test cognitivi, e confrontando i loro risultati con quelli di coetanei che però hanno sempre dichiarato di non aver mai fatto uso di queste sostanze nemmeno una volta nella loro vita, i ricercatori hanno scoperto che nella maggior parte dei casi non ci sono differenze significative tra i due gruppi. Se si esclude un piccolo gruppo di persone che hanno ammesso di essere diventate dipendenti gravi dalle droghe, per il resto quelli che le hanno usate solo sporadicamente da giovani hanno dimostrato capacità intellettive (come attenzione e memoria) uguali ed in alcuni casi superiori a quelle di chi non aveva mai toccato uno spinello.
Viene così a cadere quella teoria che vuole un accelerazione del decadimento delle capacità cognitive con i neuroni che vengono come “bruciati” da queste sostanze. Ciò che si deduce dallo studio è che chi fa uso di queste sostanze sporadicamente non ha alcun problema. L’importante è non diventare dipendenti. Il passo è breve, certo, ma il fatto che sono in pochi a compierlo significherà pur qualcosa.
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[Fonte: Repubblica]
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