Aumenta il numero di persone che, fisicamente uomini, si sentono donne e di quelli che, fisicamente donne, si sentono invece uomini. Insomma sono in aumento le persone che soffrono di disturbi di identità di genere (Dig), cioè i transessuali e aumentano contestualmente anche le richieste di riattribuzione del sesso.
Ad affrontare il tema è stato il presidente dell’Onig, l’Osservatorio Nazionale sull’identita di Genere, Adriana Godano, androloga ed endocrinologa torinese:
«Le cause dell’aumento, specialmente in questi ultimi decenni, sono da ricercare essenzialmente nella diminuzione della stereotipizzazione della figura del maschio e della femmina, con enorme confusione dei ruoli. D’altra parte però, quando queste situazioni si manifestano si esce di più dal passato, in quanto rassicurati dalla legge, da specialisti competenti e da centri di riferimento affidabili»
Considerare quindi il transessualismo un disturbo psichiatrico, come erroneamente è stato fatto in passato, oggi è assolutamente vietato. Oltre a cause psicologiche, ambientali e familiari, alcuni sostengono addirittura cause biologiche: studi sul cervello umano, hanno dimostrato strutture differenti tra quello maschile e femminile.
I ricercatori, analizzando cervelli di transessuali, hanno scoperto che questi presentavano strutture cerebrali più simili a quelle del genere psicologico rispetto a quelle del sesso fisico. Attualmente si ritiene che a soffrire di Disturbi di Identità di Genere negli adulti sia 1 uomo su 40.000 e 1 donna su 150.000 ma non tutti arrivano all’intervento. In Italia, dall’approvazione della legge (1982) che consente gli interventi per la riattribuzione del sesso, il numero di soggetti operati, anche se di poco, è stato comunque sempre in crescita.
La percezione del disturbo di identità avviene soprattutto in epoca adolescenziale. Chi decide di iniziare il percorso per la riattribuzione del sesso, in base alle linee, secondo la Guida dell’Onig, il paziente per 6 mesi (facoltativi in altri paesi) dovrà rimanere in osservazione, tra colloqui psicologici ed indagini ormonali. A questi seguirà un anno di “test di vita reale” durante il quale vengono somministrati gli ormoni (estrogeni e antiandrogeni per i transessuali uomo/donna e androgeni per i donna/uomo).
In questi casi però, iniziando il percorso terapeutico sancito dalla legge, il SSN non dispensa i suddetti farmaci che devono invece essere acquistati di tasca propria. Dopo tale periodo, in assenza di turbe psichiatriche o gravi malattie, vengono rilasciate le relazioni mediche e psicologiche da presentare al tribunale di residenza. Dopo la prima sentenza, seguirà quella per l’adeguamento dei dati anagrafici. In alcuni paesi europei, ciò avviene anche prima dell’operazione, per una vita più vicina ai desideri del transessuale.