La dislessia è un disturbo in netto aumento che si stima possa riguardare 350mila casi tra bambini e ragazzi che equivalgono a una percentuale fra il 3 e il 5% della popolazione scolastica. E’ proprio a scuola, infatti, che i piccoli evidenziano i primi segnali riconducibili a questo disturbo dell’apprendimento. Ma purtroppo ancora oggi, in Italia, le diagnosi di dislessia sono tardive.
“Colpa” di insegnanti non preparati nel riconoscere i primi campanelli di allarme e di genitori che, troppo spesso, non accettano l’idea che il loro figlio possa essere alle prese con un disturbo dell’apprendimento e abbia quindi bisogno di seguire un percorso scolastico specifico e in grado di rispondere al meglio alle sue esigenze. E così capita che molti casi di dislessia vengano diagnosticati già dopo qualche anno e intervenire è ovviamente più difficile.
Va detto anche però che la situazione in Italia non è omogenea e ci sono regioni in cui si registra invece una maggiore attenzione da parte delle strutture scolastiche e delle famiglie per una diagnosi efficace e tempestiva. Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria sono sicuramente tra queste. Qui le scuole sono più attrezzate ad accogliere bambini che soffrono di dislessia e che, grazie all’uso della tecnologia e a percorsi mirati, sono in grado di seguire un iter scolastico che li gratifichi e non li frusti. Sì, perché spesso è la frustrazione a caratterizzare la storia scolastica di tutti quei bambini costretti a un percorso tradizionale sui banchi di scuola anche se in presenza di un effettivo disturbo.
Ma per compiere un importante passo avanti nel trattamento della dislessia, occorre una riforma scolastica vera e propria che passi dalla formazione degli insegnanti e dalla collaborazione tra questi ultimi e la famiglia.
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