L’emicrania è caratterizzata da un dolore pulsante, localizzato in una metà della testa o in una parte del volto. Peggiora con lo sforzo e si associa in genere a nausea, vomito, intolleranza alla luce e ai rumori. Di solito, se l’emicrania è senza aura (episodi di alterazioni della vista che possono precedere l’attacco) tende a migliorare nei nove mesi dell’attesa. Lo stesso accade se, prima della gravidanza, l’attacco compariva in corrispondenza delle mestruazioni.
Durante la gestazione assume particolare importanza la prevenzione anti-emicranica. Bisogna considerare misure igieniche e comportamentali capaci di garantire il maggiore benessere possibile: alimentarsi in modo corretto, fare una moderata attività fisica, rispettare i ritmi sonno-veglia ed evitare situazioni di stress. Ma, prima di introdurre una terapia farmacologica, è meglio aspettare e verificare se, come spesso accade, i sintomi si attenuano nel secondo o terzo trimestre.
Ricordiamo comunque che, tranne in casi di patologia cronica molto debilitante, l’utilizzo dei farmaci antiemicranici è consentito solo per brevi periodi di tempo e a bassi dosaggi. Se compare l’attacco, la donna dovrebbe stare prima di tutto a riposo in ambiente buio e silenzioso, applicando impacchi freddi sulle zone doloranti. Se la crisi non si risolve, il primo farmaco da utilizzare è il paracetamolo a cui associare, in presenza di nausea, caffeina o metoclopramide.
Se questi accorgimenti non dovessero risultare efficaci, si potrà procedere all’assunzione di triptani. Ma, attenzione, anche i preparati apparentemente più innocui sono stati testati in gravidanza e classificati in base agli eventuali effetti dannosi che possono avere sulla formazione degli organi o sulla crescita del feto. Gli antinfiammatori (Nimesulide) e l’aspirina possono essere assunti tranquillamente nei primi mesi di gravidanza, perché non hanno dimostrato effetti sulla formazione degli organi fetali, mentre è da evitare l’assunzione cronica durante i nove mesi dell’attesa e quella sporadica dopo la 27ma settimana.
Fa eccezione l’aspirina a basso dosaggio che può avere effetti favorevoli sulla placenta senza provocare danni al feto, ma deve essere prescritta dal ginecologo. Il paracetamolo, invece, è un medicinale che, nonostante attraversi la barriera placentare, è considerato innocuo. Numerosi studi affermano che l’esposizione del feto non aumenta il rischio d’insorgenza di malformazioni. Rappresenta, quindi, l’antidolorifico di prima scelta.
Un altro farmaco utilizzato è la metoclopramide: l’effetto sul dolore è scarso, ma riduce la nausea che compare con l’attacco emicranico. Non danneggia il feto, quindi può essere usato senza timore dalla gestante, sempre se il medico lo ritiene necessario. Anche per quanto riguarda i triptani (molto efficaci nel trattamento acuto dell’emicrania) un recente resoconto degli esiti fetali e neo-natali ha concluso che non hanno alcun effetto sull’esito della gravidanza. Al contrario, l’ergotamina è assolutamente controindicata: può provocare, se somministrata nel primo trimestre, un aumento del rischio di aborto e di malformazioni fetali.