Il 9 settembre si celebra la Giornata internazionale per la prevenzione della sindrome feto-alcolica. L’evento, patrocinato dall’ European Alcohol Policy Alliance (EuroCare), mira a sensibilizzare l’opinione pubblica verso i problemi correlati al consumo di alcol durante la gravidanza. La scelta della data non è casuale, poiché cade il nono giorno del nono mese dell’anno, per rimarcare, appunto, l’importanza di non assumere alcolici durante i 9 mesi di gestazione.
Il consumo di bevande alcoliche in gravidanza e durante l’allattamento rappresenta un rischio per la salute del feto e del bambino. Numerose ricerche, infatti, hanno dimostrato come l’esposizione all’alcol del nascituro sia la principale causa non genetica di disabilità cognitiva in Occidente.
Secondo l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non esiste una quantità raccomandabile di alcol, poiché l’assunzione di alcol, anche se sporadica, può in pericolo lo sviluppo del feto in qualunque momento della gravidanza. Molti studi, infatti, hanno dimostrato come il consumo di alcolici, anche in quantità modeste, favorisca l’aborto spontaneo, e problemi a lungo termine nel bambino, quali iperattività e impulsività, difficoltà mnemoniche, disturbi dell’attenzione, deficit cognitivi, disturbi del linguaggio e dell’udito, nonché disturbi del sonno.
Inoltre, i bambini affetti da questa sindrome manifestano anomalie fisiche specifiche, soprattutto della testa e del volto, come piaghe pieghe agli angoli degli occhi, fessure oculari strette, strabismo, naso corto e piatto, fronte lunga e stretta, ipoplasia mascellare e mandibolare.
La sindrome alcolica fetale, per quanto rappresenti la terza causa di ritardo mentale nei bambini, è ancora poco conosciuta, del resto il riconoscimento delle alterazioni provocate dall’alcol sullo sviluppo intrauterino è avvenuto solo in tempi recenti (nel 1968). Questa patologia del feto, che è tra le più gravi indotte dal consumo di alcol durante la gravidanza è purtroppo un fenomeno in crescita nei paesi occidentali, come dimostrano anche i dati statistici. Nell’ultimo decennio, infatti, è passata dal 10% al 30%.
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