“Di epilessia non si muore“: è questo il concetto che viene ripetuto da medici e pazienti sulla malattia neurologica in questione da quando la stessa è stata chiamata in causa nel caso della morte di Stefano Cucchi. Sottolineando involontariamente come sia necessario non “macchiare di nuove colpe” una patologia di questa portata.
Solo in Italia sono circa 500 mila le persone che soffrono di epilessia e la mortalità per la stessa è pressoché inesistente e legata a specifiche varietà della malattia. Unire quella conosciuta con l’acronimo di Sudep (sudden unexpected death in epilepsy – morte improvvisa per epilessia, N.d.R.) ad un caso di cronaca non sembra corretto senza avere a portata di mano tutti i dati. Lo spiega con molta tranquillità e chiarezza il neurologo Vincenzo Di Lazzaro, ordinario di neurologia al Campus Biomedico di Roma:
Vorrei mandare un messaggio rassicurante ai pazienti: la malattia è generalmente ben controllabile.
Ed alto è lo sdegno da parte delle associazioni delle persone affette da epilessia e dai loro parenti. Commenta su Repubblica Rosa Cervellione, presidente della Federazione Italiana Epilessia e di Epilessia Lombardia Onlus:
Non vogliamo strumentalizzazioni. Spesso la parola epilessia viene usata per fare sensazionalismi. Come comunità ci sentiamo feriti. Anche se non possiamo commentare l’autopsia di Cucchi, perché non conosciamo i documenti, c’è sempre il timore di strumentalizzazioni. La morte improvvisa è un evento molto raro.
Cosa è la Sudep
La Sudep o “morte improvvisa per epilessia” è da diverso tempo sotto l’attento studio della comunità medica mondiale. Una recente ricerca condotta da Jeffrey Noebels, neurologo presso il Baylor college of Medicine di Houston e pubblicata sulla rivista Science translational Medicine sostiene che potrebbe trattarsi di un “arresto encefalico causato da un attacco epilettico“. Si tratta ad ogni modo di una manifestazione che può colpire senza preavviso i pazienti con attacchi generalizzati incontrollati. Ed è molto difficile da identificare.
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