La depressione può portare ad uccidere 150 persone? E’ questa la domanda che ci poniamo tutti in questi giorni successivi alla tragedia che ha colpito coloro che viaggiavano nell’aereo della Germanwings fatto schiantare sulle Alpi dal copilota dello stesso, Andreas Lubitz. La risposta da trovare, probabilmente, è meno difficile del previsto.
Scavando nella casa del giovane gli inquirenti hanno avuto modo di gettare uno sguardo sul suo passato e non solo: ben due certificati medici sarebbero stati ritrovati in merito alle attuali condizioni fisiche del giovane. E contestualmente è stato possibile verificare come l’uomo si fosse sottoposto a delle sedute di aiuto psichiatrico fino ad una settimana prima dello schianto. Secondo alcune ricostruzioni, il comportamento autodistruttivo del copilota potrebbe essere parte di un percorso sperimentato da Lubitz fin dal 2009, anno in cui vi è stato un riconosciuto ed importante episodio di depressione. C’è chi parla di rottura di rapporti con ex fidanzate. Ma un cuore infranto come può portare all’uccisione di 149 persone? Una reazione di tipo autolesionistico, purtroppo, può rientrare tra le possibilità: la persona non sentendosi amata, smette di considerarsi integralmente possedendo solamente il desiderio di far sparire il dolore una volta per tutte. Ma perché prendersela con degli innocenti la cui unica colpa è stata quella di prendere un aereo?
Alcuni esperti, valutando il caso, chiamano in causa la psicosi più che la depressone. La prima infatti comprende tutta una serie di sintomi che se non riconosciuti e gestiti a lungo andare possono portare a dei grandi gesti lesivi nei confronti di terze persone. Più nello specifico, scorrendo la letteratura medica è possibile riscontrare alla base di un comportamento di omicidio-suicidio così evidente l’unione di uno stato di depressione e psicosi insieme. Se sarà il caso questo del copilota della Germanwings solo il tempo potrà renderlo evidente, man mano che si scaverà nel passato del giovane e le sue cartelle cliniche analizzate.
Photo Credit | Getty Images