Il cancro dell’esofago è uno dei tumori maligni con maggiore crescita negli ultimi tempi. Il più diffuso, o uno tra i più comuni, è chiamato adenocarcinoma dell’esofago. Ma nonostante sia relativamente diffuso, ancora non si era capito molto sulle cause, e di conseguenza non era stata individuata una terapia specifica. Fino agli ultimi giorni quando una scoperta della Columbia University potrebbe cambiarne il destino.
Fino ad oggi il sospetto si era concentrato sull’esofago di Barrett, una lesione che fa da precursore alla nascita del cancro. Quello che innesca è invece una condizione molto comune, il reflusso gastroesofageo in cui gli acidi biliari ed il contenuto dello stomaco risalgono all’esofago. Gli acidi possono irritarlo, creando la lesione nota nell’esofago di Barrett che non ha sintomi finché, in un numero limitato di pazienti, non si sviluppa nell’adenocarcinoma esofageo.
Studiando i topi da laboratorio, i ricercatori hanno scoperto i cambiamenti cellulari che avvengono in caso di esofago di Barrett che, nei casi umani, si traducono nella sovraespressione della molecola interleuchina-1 beta, mediatore della risposta infiammatoria che porta all’esofagite (infiammazione dell’esofago) e all’espansione delle cellule progenitrici che sono sostenute attraverso il segnale di Notch (il canale che utilizzano le cellule per svilupparsi). Ciò che gli studiosi hanno notato è che inibendo il segnale di Notch, si è bloccata la proliferazione, e dunque la sopravvivenza, delle cellule pre-cancerose.
Cambia anche la regione dell’esofago di Barrett colpita, che si sposta qualche centimetro più in su rispetto a quanto non si pensasse prima. Attualmente non esiste un metodo né per pronosticare quali saranno i pazienti affetti da esofago di Barrett che svilupperanno il cancro, né per curarlo, ma con questo nuovo studio si è individuato prima di tutto un metodo per ridurre le possibilità che questo si verifichi (curare il reflusso gastroesofageo), ed eventualmente utilizzare l’ablazione endoscopica con radiofrequenza, la terapia fotodinamica o la resezione chirurgica nei casi più avanzati ma considerati ancora curabili. L’aver individuato il punto in cui viene generato il cancro inoltre potrebbe aprire nuovi scenari nello studio di terapie mirate esattamente all’adenocarcinoma dell’esofago. Lo studio è stato pubblicato su Cancer Cell.
[Fonte: Sciencedaily]
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