Un topo transgenico per studiare la proliferazione cellulare. La sua particolarità? Le cellule delle quali è ovviamente composto creano “luminescenza” quando in fase di crescita. Questo particolare animale (topo-lucciola, N.d.R.) battezzato “MITO-Luc” è stato creato dai ricercatori del laboratorio di ricerca di Oncogenesi Molecolare dell’Istituto Regina Elena di Roma, e lo studio relativo è stato pubblicato sulla rivista Molecular Biology of the Cell, guadagnandone la copertina.
Lo speciale animale è stato ottenuto unendo il gene della luciferasi, una proteina prodotta dalle lucciole naturalmente ad un frammento di DNA del topo correlato al fattore di trascrizione coinvolto nel processo di divisione e moltiplicazione cellulare. Esso agisce nel nucleo cellulare ed entra in attività solo in cellule proliferanti, che si stanno quindi dividendo, e non in quelle che sono uscite dal ciclo replicativo. Questo particolare processo messo a punto nel corso dello studio consente alle cellule di emettere della luce naturale tale e quale a quella degli insetti in questione, senza che l’animale subisca alcun danno.
Questo particolare approccio “genetico” consentirà di dare vita a dei modelli animali in grado di far studiare in modo più efficace le sostanze ed i ritrovati farmaceutici messi a punto per combattere la proliferazione dei tumori.
Spiega la dott.ssa Giulia Piaggio, coordinatrice del team di ricerca:
Le nostre conoscenze sul fattore di trascrizione derivano da quella che possiamo chiamare ricerca di base. Il modello murino invece scaturisce dalla nostra volontà di trasferire questi risultati alla ricerca pre-clinica. Noi pensiamo che i topi MITO-Luc siano un potente strumento per misurare rapidamente e facilmente la proliferazione cellulare in molte applicazioni sperimentali d’interesse medico. Inoltre, sono utili per prevedere, mappare e caratterizzare la tossicità di vecchi e nuovi composti anti proliferativi con grandi implicazioni nel campo oncologico e farmaceutico.
Questa particolare modificazione genetica consente di visionare tali cambiamenti all’interno dell’animale attraverso l’utilizzo di una semplice macchina fotografica, senza interventi od operazioni che potrebbero stressare ulteriormente la cavia.
Photo Credit | Isabella Manni and Gabriele Toietta (IRE)
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