Proprio ieri si è svolto l’incontro scientifico promosso dalla Fondazione Italiana Diabete (FID), in collaborazione con l’Ospedale Niguarda Cà Granda, per diffondere una corretta informazione sul diabete di tipo 1 e sottolineare l’importanza della ricerca nella prevenzione e nella cura.
All’incontro, ha preso parte anche una paziente italiana sottoposta qualche anno fa’ a Miami al trapianto di isole pancreatiche e cellule staminali ottenute dal midollo osseo, e che oggi si trova in cura presso l’ospedale Niguarda.
Come spiega Camillo Ricordi, famoso ricercatore, Direttore del Diabetes Research Institute e del Centro Trapianti Cellulari dell’Università di Miami, nonchè Presidente del Comitato scientifico della Fondazione Italiana Diabete:
Entro 5 anni potrebbe essere individuata una cura, ma non possiamo diffondere false speranze perché il tempo potrebbe essere anche superiore: una nuova cura dipenderà da quanto saremo efficienti nel superare le barriere che frenano innovazione e sviluppo.
Parole forti, soprattutto se consideriamo che in Italia, il diabete di tipo 1 oggi rappresenta il 2-3% di tutti i casi di diabete noto, con un rischio di aumento su scala mondiale da non trascurare.
Il diabete di tipo 1, diversamente dal diabete di tipo 2 che di solito fa la sua comparsa una volta superati i 40 anni, colpisce in modo particolare i bambini e gli adolescenti. E’ una malattia autoimmune, poiché è lo stesso sistema immunitario a distruggere le cellule beta del pancreas, l’organo deputato alla produzione dell’insulina. Chi soffre di questa malattia, infatti, viene spesso definito anche insulino-dipendente, proprio perché chi ne è affetto non può vivere senza la somministrazione costante di insulina.
Uno degli aspetti più preoccupanti, inoltre, è che più della metà delle persone con diabete di tipo 1 non è consapevole e soprattutto nel caso dei più piccoli, si manifesta senza alcun preavviso. La Fondazione Italiana Diabete sta investendo tutti i suoi sforzi nella ricerca, anche perché trovare una cura per chi soffre di diabete di tipo 1, può rappresentare un contributo importante anche per i malati di diabete di tipo 2.