Il cervello tenta di ripararsi da solo quando vi è un problema di schizofrenia? A quanto pare sembrerebbe di si, stando alla recente scoperta di un gruppo di scienziati di Londra che grazie alla risonanza magnetica funzionale sono stati in grado di verificarne l’attività.
Nel corso di una collaborazione tra ricercatori inglesi e cinesi presso il London health Sciences Centre, è stato possibile verificare come l’encefalo abbia la possibilità di “curare” se stesso se posto nella condizioni di farlo. Una piccola speranza per trattamenti più efficaci e privi di effetti collaterali e che è possibile visionare nell’articolo dedicato pubblicato sulla rivista di settore Psychology Medicine. Nell’articolo “Dynamic cerebral reorganization in the pathophysiology of schizophrenia: a MRI-derived cortical thickness study“, gli scienziati hanno raccontato la sperimentazione da loro eseguita su 98 pazienti affetti da schizofrenia e 83 sani utilizzando la risonanza magnetica funzionale ed una tecnica specialistica conosciuta sotto il nome di “analisi della covarianza“. Grazie a questo approccio è stato possibile verificare l’attività cerebrale dei pazienti e rendere palese a livello scientifico la potenziale capacità del cervello di combattere da solo la malattia se opportunamente stimolato. Spiega la dott.ssa Lena Palaniyappan, parte del team ed a capo del programma psicosi del centro di studio londinese:
Anche i medicinali di prima linea per la schizofrenia puntano più che altro ad una riduzione dei problemi e non ad un ribaltamento dei deficit di cognizione causati dalla malattia. I nostri risultati dimostrano che nonostante la gravità del danneggiamento del tessuto, il cervello di un paziente affetto da schizofrenia tenta continuamente di riorganizzare le sue funzioni al fine di “salvarsi” o limitare i danni.
Secondo gli esperti tale scoperta può condurre alla messa a punto di farmaci efficaci che consentano di sfruttare proprio questo meccanismo di autoriparazione. Ed è per questo che puntano, tra le altre cose, ad un monitoraggio continuo dei pazienti schizofrenici: più dati verranno raccolti, più facile sarà la comprensione ed il successivo sviluppo di rimedi.
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