L’esposizione a lungo termine all’ozono a livello del suolo, causato dallo smog, è associata ad un aumentato rischio di morte per malattie respiratorie. Ad affermarlo è un nuovo studio condotto a livello nazionale da un ricercatore presso l’Università di Berkeley, California.
Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha analizzato il rischio di morte per l’ozono ed il particolato fine, due dei più diffusi componenti dell’inquinamento atmosferico. Lo studio ha seguito quasi 450.000 persone per due decenni e coperto 96 regioni metropolitane negli Stati Uniti.
I ricercatori hanno scoperto che le persone che vivono in zone con più alte concentrazioni di ozono, quali l’area metropolitana di Los Angeles e la California’s Central Valley, hanno avuto un rischio di morte annuo superiore del 25-30% rispetto alla norma delle regioni con bassi livelli di inquinamento, a causa di diverse malattie respiratorie.
Per la prima volta siamo stati in grado di collegare l’esposizione cronica all’ozono, uno dei più diffusi inquinanti del mondo, con il rischio di morte, forse il risultato più importante in materia di salute degli studi di impatto per giustificare la qualità dei regolamenti. Precedenti ricerche avevano collegato l’esposizione acuta a breve termine all’ozono con una riduzione della funzione polmonare, aggravata dai sintomi di asma, aumento di visite al pronto soccorso e ricoveri, ma l’impatto di lungo termine sulla mortalità non era stato ancora analizzato fino ad ora.
Queste le parole dell’autore dello studio Michael Jerrett, professore associato di scienze della salute ambientale di Berkley. Dallo studio è emerso che per ogni 10 parti per miliardo (ppb) di aumento del livello di ozono, c’è un aumento del 4% del rischio di morte per cause respiratorie, principalmente polmonite cronica ostruttiva ed altre malattie polmonari.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica che circa 240.000 persone muoiono ogni anno per malattie respiratorie negli Stati Uniti. Anche un aumento del 4% può tradursi in un eccesso di migliaia di morti ogni anno. Globalmente, circa 7,7 milioni di persone muoiono a causa di malattie respiratorie, così in tutto il mondo l’impatto dell’inquinamento da ozono può essere molto elevato.
Durante lo studio durato 18 anni, 48.884 persone sono morte a causa di problemi cardiovascolari, come le malattie cardiache e ictus, mentre 9.891 sono morti per cause respiratorie. Come è stato osservato in studi precedenti, i ricercatori hanno scoperto che il particolato fine è stato collegato ad un aumentato rischio di morte per cause cardiovascolari. A rischio, secondo i ricercatori, sono non solo le zone a più alto livello di inquinamento, ma anche le zone più calde, dove c’è meno vento e quindi le microparticelle stazionano nell’aria per tanto tempo senza un ricambio. In pratica le zone più soleggiate, soprattutto se dentro le vallate, sono quelle a maggior rischio. Ovviamente questi dati si riferiscono agli Stati Uniti perché lì c’è stata la ricerca, ma essi sarebbero molto simili se effettuati anche in Europa ed in Italia.
L’ozono è un gas composto da tre atomi di ossigeno, formato da uno strato protettivo per il sole, il quale non si forma soltanto nell’atmosfera, ma la sua fonte è a livello del suolo, dove può essere respirato dagli esseri umani. Il livello dell’ozono al suolo si forma attraverso una complessa reazione chimica con la luce del sole tra gli ossidi di azoto (NOx), comunemente espulsi dai gas di scarico delle automobili, emissioni industriali e delle fabbriche. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici ritiene che l’ozono a livello del suolo, insieme con l’anidride carbonica e metano, possa essere uno dei principali gas ad effetto serra della Terra.
[Fonte: Sciencedaily]