Il cancro alle ovaie è una delle forme tumorali più diffuso tra le donne: ogni anno colpisce circa 200mila donne ed è caratterizzato da un alta mortalità dovuta ad una quasi sempre tardiva diagnosi. Ora, dal campo della ricerca arrivano buone notizie a livello terapeutico. I ricercatori dell’Università di Siena, dell’Università di Modena e Reggio Emilia e dell’Heidelberg Institute for Theoretical Studies, hanno infatti trovato il modo di fermare la crescita delle cellule tumorali.
Sebbene si tratti di un processo che ha avuto luogo solo in laboratorio gli scienziati italiani hanno individuato alcuni peptidi in grado di bloccare un particolare enzima, necessario per la sintesi del dna tumorale. Essi agiscono contrastando la crescita delle cellule tumorali resistenti ai farmaci. Molto presto, uno studio “pilota” sul loro funzionamento partirà presso la Struttura Complessa di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena.
Questo particolare tipo di tumore, lo ricordiamo, ha una maggiore incidenza nei paesi industrializzati e soprattutto ha la capacità di sviluppare una veloce resistenza ai farmaci, fattore che lo rende ancor più ostico da curare. Perché sebbene anche molti farmaci utilizzati normalmente in chemioterapia siano in grado di inibire il timidilato sintasi, l’enzima sopracitato, spesso e volentieri queste terapie si scontrano con la resistenza al farmaco dello stesso enzima.
I coautori dello studio, Stefano Mangani dell’Università di Siena, Maria Paola Costi e Glauco Ponterini dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e Rebecca Wade dell’Heidelberg Institute for Theoretical Studies, sono stati in grado di ideare una sorta di ponte che impedisce la nascita della resistenza al farmaco da parte dell’enzima. Proprio attraverso la progettazione dei peptidi, dei composti a base di aminoacidi, in grado di legarsi allo stesso stabilizzandolo ed impedendone il funzionamento.
Questa ricerca potrebbe portare con il tempo alla messa a punto di farmaci e terapie specifiche per curare il carcinoma ovarico. Ci vorranno forse degli anni, ma rappresenta un’ottima finestra di speranza per il futuro.
Articoli correlati:
Cancro alle ovaie: favorito da obesità in menopausa
Cancro alle ovaie, isolato gene
Fonte: Asca