La sindrome di Asperger è stata riclassificata: perché ? Scopriamo insieme le motivazioni alla base della nuova classificazione di questo particolare disturbo e che cosa comporta.
Un disturbo dalla nuova classificazione
La sindrome di Asperger è collocabile all’estremo più lieve dello spettro autistico: si tratta di una condizione che comporta difficoltà nelle interazioni sociali, nell’espressione delle emozioni e nella loro comprensione, problemi di controllo e nei movimenti che spesso risultano goffi e tra le altre cose anche la presenza di schemi di comportamento stereotipati o ristretti.
Dalla pubblicazione nel 2013 dell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali questo disturbo non è più stato considerato una categoria a parte, ovvero non è più considerata una specifica forma di autismo a sé stante ma è diventata parte del grande insieme dei disturbi dello spettro autistico.
La ragione alla base di questa nuova classificazione quasi passata in sordina all’attenzione generale è legata al fatto che pur essendo l’autismo rappresentato da una pletora di condizioni comportamentali e fisiche, queste si manifestano lungo un percorso comune continuo ma caratterizzato da tante sfumature. È per favorirne l’approccio in base ai bisogni specifici che si è pensato di non restringere più la sindrome di Asperger in una categoria ristretta.
Verifica di somiglianze e differenze tra autismo e Asperger
È stato studiando l’autismo e la sindrome di Asperger per anni che è stato possibile verificarne somiglianze e differenze e il cambio di classificazione è dipeso anche dalla necessità di favorire una diagnosi più veloce da parte dei medici. Deve essere però sottolineato come questa decisione di uniformare i codici diagnostici per questo disturbo non sia stata accettata particolarmente bene da coloro che hanno ricevuto la diagnosi prima del 2013. E se il nome del disturbo è rimasto alterato a livello clinico e nel linguaggio comune, all’interno del DSM-5, è stato sostituito dalla definizione “disturbo dello spettro autistico di livello 1” con la specificazione della mancanza di “compromissione intellettiva e del linguaggio”
Il fatto di aver modificato il codice diagnostico, per gli esperti, potrebbe aiutare a sfatare in particolare un luogo comune sull’Asperger ovvero di essere definito una “forma di autismo ad alto funzionamento” basata sull’apparenza e non sulle attuali esigenze delle persone che ne soffrono. Tra l’altro si vorrebbe evitare di procedere con la vecchia definizione anche per distaccarsi dallo psichiatra Asperger che, durante il periodo nazista, salvava i bambini affetti da forme di leggero disturbo dello spettro autistico e che eliminava i casi più gravi di autismo attraverso l’eutanasia.
Insomma si vuole puntare a un riconoscimento dei bisogni piuttosto che su una categorizzazione evitabile.