Le persone tristi sono in grado di riconoscere i volti ed avere altri “vantaggi” simili rispetto alle persone normali. Secondo un recente studio effettuato in Inghilterra, pare che lo stato d’animo possa influenzare le capacità del cervello. I risultati si sono basati su esperimenti effettuati sugli studenti universitari in occasione di una ricerca sulla cura per la depressione.
Questo studio è partito dalla base di ricerche precedenti che avevano dimostrato come l’infelicità è spesso dannosa per una serie di attività mentali come il pensiero astratto o il ricordo delle parole. Ma non tutti erano d’accordo con questa teoria. Alcuni ricercatori credevano che questo “svantaggio” fosse dovuto a pensieri troppo elaborati fatti da persone tristi, mentre altri affermavano che ciò era attribuibile alla distrazione che proveniva dal pensare troppo ai propri problemi che non permetteva una concentrazione ottimale durante i test.
Partendo da questa base, gli scienziati dell’Anglia Ruskin University hanno sottoposto un gruppo di studenti universitari ad esperimenti sul riconoscimento facciale. I ricercatori hanno “guidato” gli stati d’animo dei volontari in felici, tristi o neutri facendogli ascoltare della musica adatta. Per esempio, il “Requiem” di Mozart provocava tristezza, il tema di “The A-Team” felicità, e la colonna sonora del film “Caccia a Ottobre Rosso” uno stato d’animo neutro. Ai partecipanti è stato inoltre chiesto di ricordare i momenti più felici o più tristi della loro vita, in modo da rafforzare lo stato d’animo.
Dopodiché si è passati all’esperimento vero e proprio. Ad 88 studenti sono stati mostrati 32 volti con espressioni neutre, quindi è stato sottoposto un questionario per depistarli, e poi è stata mostrata un’altra sequenza di 64 volti, tra cui bisognava identificare quelli già visti la prima volta. I volontari che in quel momento si sentivano tristi hanno ottenuto un risultato migliore di quelli felici. L’esperimento è stato poi replicato su altre 60 persone con delle piccole varianti, ed il risultato è stato lo stesso.
L’unico risultato uguale tra persone tristi, felici o neutre, si è avuto in un ultimo esperimento in cui sono stati mostrati volti di persone con diverse espressioni che dovevano essere memorizzate, e su cui bisognava rispondere ad un questionario. In questo caso non ci sono state differenze, tanto da portare Peter Hills, psicologo cognitivo dell’ateneo che ha guidato la ricerca, a sostenere che se il vantaggio per le persone tristi si rivela evidente nel riconoscimento del volto perché stanno più “attente”, nel momento dell’elaborazione del ricordo questo vantaggio viene a mancare.
E’ possibile che la gente triste possa essere più sensibile agli stimoli sociali. Tuttavia, non vi sono prove sufficienti al momento per fare questa affermazione. Ho altri studi che dimostrano che le persone tristi tendono a guardare le diverse aree del volto delle persone felici, e questo può portarli ad essere più precisi, ma noi in realtà non lo sappiamo ancora. Anche se indagare sulla tristezza è utile in sé, l’obiettivo principale è cercare di capire come prevenire e curare la depressione. Forse capire come analizzare i volti tristi potrebbe portare ad una migliore comprensione di come la depressione cambia il modo di vedere il mondo, indicando la strada verso nuove terapie
ha concluso Hills. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Consciousness and Cognition.
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[Fonte: Livescience]