Mamma, ho mal di pancia. Non posso andare a scuola: è una delle scuse più comuni, insierne a malesseri di ogni tipo. Capita, e non è grave, che il piccolo sia stanco o non voglia andare a scuola. Ma se i comportamenti virano verso il panico è opportuno fare una riflessione più profonda perché è possibile che si trovi di fronte ad una forma di “fobia scolare” o “rifiuto ansioso della scuola“.
Il bambino si agita, supplica i genitori di non farlo andare, può arrivare a vomitare, meno spesso piange, ma manifesta sintomi spiccatamente psicosomatici come mal di pancia o di testa. Nessun tentativo di rassicurazione ottiene risultati. La scena è destinata a ripetersi ogni mattina. E se viene costretto, diventa sempre pii ù ansioso. Spiega Edvige Veneselli, primario di Neuropsichiatria Infantile al Gaslini di Genova
«Un simile comportamento non è normale e va analizzato attentamente. La fobia della scuola può insorgere al primo ingresso alla materna, verso i 3 anni, o manifestarsi durante le elementari per difficoltà legate alla frequenza e all’apprendimento, oppure in coincidenza con eventi critici come la nascita di un fratellino o la separazione dei genitori. Sono più predisposti i bambini che hanno avuto minori occasioni sociali, che hanno vissuto i primi anni a stretto contatto con la mamma e che, al momento del distacco, avvertono un disagio che si manifesta talvolta con tipiche forme di ansia da separazione. Altre volte nei più grandicelli, è in gioco l’ansia da prestazione»
Ma quali sono le scuse più comuni dei bambini per non andare a scuola? Compagni cattivi, maestre che non amano, ma spesso la ragione non sta nell’ambiente scolastico ma nell’ansia che genera l’allontanarsi da casa, dove talora esistono situazioni di disagio o precarietà.
«Quello dell’ingresso a scuola è un momento evolutivo importante. Il bambino deve rinunciare al suo egocentrismo fisiologico ed adattarsi a far parte di un gruppo con delle regole, ed ancora se il bambino non è andato all’asilo perchè allora l’ingresso a scuola prevede anche una prestazione, l’apprendimento»
Inoltre è possibile che si verifichino discrepanze tra le modalità educative della famiglia e le regole scolastiche, oppure che ci sia una richiesta di impegno eccessiva rispetto alle capacità del bambino. Tutto questo può produrre stress, in questi casi il corpo docente può riequilibrare la situazione in modo che le esigenze di ogni alunno abbiano risposte flessibili modulate. Ma ci sono altre situazioni in cui il seme del rifiuto può germogliare, ad esempio se la mamma è iperprotettiva, eccessivamente ansiosa o fobica, e proietta sul figlio le sue paure.
In questo caso l’ingresso nella società e il fisiologico distacco emotivo non è agevolato, al contrario trova un ostacolo insormontabile. La terapia familiare, molto indicata, può non essere accettata; i genitori non vedono il motivo di mettersi in gioco per un disturbo che, attiene ai bambini mentre in realtà può essere proprio la madre stessa ad aver paura dell’abbandono e provare disagio nella separazione. Alcuni attribuiscono la fobia scolare ad una figura patema assente e la riscontrano più spesso in bambini senza padre, o in figli di divorziati o di genitori molto impegnati e distratti.