Lo scorso febbraio, nel corso dell’annuale convegno della Società italiana di psicopatologia, un gruppo di psichiatri italiani, tra cui Athanasios Koukopoulos e Giovan Battista Cassano, ha promosso una petizione, indirizzata al ministro della salute Livia Turco, per sdoganare la terapia elettroconvulsivante o Tec (in pratica il “vecchio” elettroschock) nei casi di depressione grave refrattaria alla terapia farmacologica.
Koukopoulos, presidente dell’Associazione italiana per la terapia elettroconvulsivante (Aitec), ha dichiarato:
I numeri sono chiari: in Italia esistono solo 11 strutture che eseguono la Tec, 6 appartenenti al Servizio sanitario nazionale e 5 cliniche private convenzionate col sistema sanitario nazionale. Nel resto d’Europa il panorama è diverso: in Olanda esistono 35 servizi di Tec, in Belgio 32, in Germania 159, in Svezia 65, in Norvegia 44, in Finlandia 40, in Ungheria 34, in Scozia 27, in Irlanda 16, nel Regno Unito 160. È paradossale che proprio in Italia, dove abbiamo inventato l’elettroshock nel 1938, ci sia questa chiusura.
Per gli psichiatri che sostengono l’utilità dell’elettroshock, la ragione per cui in Italia questa tecnica è poco usata è puramente politica: frutto di una visione distorta della malattia mentale, originata dal movimento dell’antipsichiatria che ha provato a sottrarre i disturbi psichici alla medicina, secondo il presidente dell’Aitec.
Nell’anno in cui si celebra il trentennale della legge Basaglia, l’appello dei sostenitori di una terapia che non gode di buona fama ha avuto una discreta risonanza. Clinical Evidence, il sistema di revisioni della letteratura medica a cura della British Medical Association, ha pubblicato nel giugno 2007 una metanalisi sulla Tec basata su studi disponibili nell’aprile 2006: la terapia migliora effettivamente i sintomi depressivi gravi nel breve lasso di tempo (1-6 settimane) sia rispetto al placebo sia rispetto alla terapia farmacologica.
Clinical Evidence segnala però anche la scarsa qualità degli studi disponibili, in particolare nella popolazione più anziana. Alla voce “danni“, la revisione getta la spugna: non ci sono studi di qualità sufficiente ad escludere danni cognitivi in chi è sottoposto all’elettroshock, anche se un’analisi condotta da Evidente Based Mental Health nel 2003 dimostra che un terzo dei pazienti ha perdite permanenti di memoria.
Conclusioni: la Tec, dice Clinical Evidence, non è una cura accettata facilmente dai pazienti e dalle famiglie e non sembra avere effetti a lungo termine. Viene quindi suggerita solo in casi di depressione veramente grave, in cui tutti i possibili trattamenti non abbiano dato risultati ed in cui serva un effetto rapido, quasi salvavita.