E’ morto dopo una lunga battaglia con il Parkinson, e per via di complicazioni respiratorie, il pugile Muhammad Alì. Un grande sportivo che oltre che per i suoi meriti verrà ricordato per la sua lotta contro questa inesorabile malattia neurodegenerativa.
La diagnosi di Parkinson per Muhammad Alì è arrivata nel 1984, più di 30 anni fa. Appena quarantenne l’uomo ha dovuto fare i conti con una patologia giunta precocemente, in un periodo nel quale la medicina ancora non aveva ancora raggiunto tutto ciò che ha conquistato ora. E si è dovuto approcciare alla stessa con umiltà, sottoponendosi alle cure esistenti negli anni ’80 nella speranza che la situazione non degenerasse ulteriormente. Vedeva il Parkinson come una malattia da sconfiggere, come l’ennesima avventura da vivere. Raccontava che si era trovato dall’essere all’apice del mondo al non riuscire a fare altro che tremare senza riuscire a fermarsi. Un esame mandato da Dio: per lui questo era la sua patologia. Molto religioso, pensava fosse stato Allah ad aiutarlo a raggiungere la fama e con la malattia a spingerlo ad aiutare gli altri.
Negli ultimi anni Alì ha dovuto subire diversi ricoveri per contrastare i problemi che la patologia ha causato: uno degli ultimi lo ha visto necessitante di aiuto medico per combattere una brutta infezione alle vie urinarie. Ma non si è mai fermato e nonostante le difficoltà lo scorso 9 aprile ha partecipato ad evento di beneficenza a Phoenix: era apparso molto indebolito rispetto al passato, ma tenace, come sempre. Ricoverato giovedì sera e giudicato stabile, Muhammed Alì ha subito un crollo improvviso nel corso della notte di venerdì che si è rivelato fatale.
Cosa rimane di questo grande e generoso uomo? Le sue vittorie, ma allo stesso tempo la lotta contro il Parkinson e tutti i fondi raccolti per portare la ricerca al livello in cui è ora, per aiutare tutti i pazienti che ancora ne hanno bisogno.
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