Una recente indagine on-line effettuata dal governo britannico su più di 1.000 genitori intervistati ha evidenziato che 1 bambino su 4 presenta un ritardo nello sviluppo del linguaggio, con una maggiore prevalenza dei maschietti rispetto alle femminucce. Il dato associato più preoccupante, però, è che un quarto delle famiglie ha ammesso di avere la tv accesa la maggior parte del tempo o tutto il giorno. Inoltre fra i bambini di 1 o 2 anni, 1 su 10 ha la tv nella propria cameretta, dato che sale a 3 su 5 fra bambini di 5-7 anni. Chiarire quali siano i meccanismi alla base dello sviluppo del linguaggio è un’impresa che ha impegnato molti studiosi nel corso degli anni: molte le teorie spesso diverse tra loro ma che, se integrate, sono in grado di dare una visione più ampia del fenomeno.
Il linguaggio rappresenta il mediatore primario dell’interazione sociale e dei processi di organizzazione del pensiero e costituisce la base per le successive acquisizioni cognitive, sociali ed affettive. Processi mediati dal linguaggio sono utili infatti, fin dalla prima infanzia, per mantenere l’intersoggettività e l’espressione emotiva, organizzare e modulare il comportamento e il pensiero; lo sviluppo di abilità rappresentative, del linguaggio e della memoria, permettono al bambino di elaborare vissuti di vulnerabilità, paure e rabbia ed assumere presto un ruolo centrale nella definizione del sé e nella regolazione degli affetti.
Attualmente gran parte degli studiosi concorda nel ritenere che l’apprendimento del linguaggio dipenda dall’azione combinata di fattori neurobiologici (genetici, congeniti, postnatali), psicologici ed ambientali. Ciò significa che fattori culturali, ambientali e fattori genetici, condivisi nell’ ambito familiare, concorrono all’espressione di un disturbo del linguaggio. Quali siano le caratteristiche sociali da prendere in considerazione è un argomento ancora da approfondire.