Un nuovo simbolo sul “bugiardino” di alcuni medicinali: è questa la novità che coinvolgerà dal prossimo 1 settembre alcuni farmaci. Un triangolo rovesciato nero, corredato dall’invito a segnalare effetti collaterali eventualmente occorsi durante l’assunzione.
La decisione è della Commissione Europea in ricezione delle indicazioni avute dall’Agenzia Europea del farmaco nell’ambito del miglioramento del sistema di farmaco-sorveglianza in auge negli stati membri. Si tratta di un modo diverso di monitorare i prodotti farmaceutici già in commercio coinvolgendo il cittadino, consumatore finale, in prima linea contro le reazioni avverse che possono non essere emerse nel corso delle sperimentazioni che danno il via libera alla commercializzazione del farmaco.
Tra i farmaci che da settembre otterranno il “triangolo nero”, vi saranno tutti quelli approvati dal 2011 che sono caratterizzati da un nuovo principio attivo o che si basano su prodotti biologici. Un esempio? I vaccini, o ancora i derivati del plasma, insieme ad alcuni prodotti “specialistici” utilizzati in ospedale e non venduti nelle normali farmacie. Questo simbolo indica al paziente la necessità di contattare immediatamente il proprio medico se dovessero presentarsi degli effetti collaterali non segnalati nel bugiardino.
Gli esperti sottolineano che si tratta di uno strumento frutto di una discussione in auge da diversi anni in Europa, tant’è che tra i farmaci segnalati vi sono anche i nuovi farmaci contro l’epatite C ed alcuni di quelli utilizzati per combattere l’Aids. Il triangolo non deve però far pensare che si tratti di “farmaci pericolosi”. Ogni medicinale autorizzato dall’Agenzia Europea del Farmaco segue infatti un iter molto lungo attraverso sperimentazioni dedicate su efficacia e rischi, al fine di validarne l’utilizzo.
Il triangolo nero verrà “eliminato” dal farmaco cinque anni dopo la sua apposizione: tale tempo viene reputato infatti sufficiente a dare le risposte cercate in merito a possibili effetti collaterali “nascosti”. Un ottimo strumento che deve però non rappresentare una “scusa” per le case farmaceutiche, per un abbassamento della soglia di attenzione nei confronti dei test sui farmaci.
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