Farmaci generici, noti anche come medicinali equivalenti o “di marca”? Ora gran parte della decisione in farmacia spetta ai cittadini. Come sapete è cambiato per legge il modo di prescrivere medicnali da parte del medico curante sull’apposita ricetta rossa. D’ora in poi questi sarà obbligato dal decreto- legge n. 95/2012 e successive modifiche, ad indicare solo il principio attivo del medicinale e non più il nome commerciale ovvero “nimesulide” anziché “aulin” o paracetamolo, al posto di tachipirina, tanto per fare due esempi comuni. Tutto dipende dalla ormai famosa Spending Review sulla sanità che mira a risparmiare sui costi.
In che senso? Il Servizio Sanitario Nazionale d’ora in poi rimborserà alle farmacie solo i costi del medicinale generico più economico per il principio attivo indicato sulla ricetta con un grande risparmio economico (già avviato tra l’altro grazie a numerose campagne promozionali/informative sugli equivalenti) di soldi pubblici. Ma la salute è garantita? Gli esperti della politica dicono di sì: i medicinali equivalenti sono efficaci come gli altri. Di fatto però è d’obbligo il condizionale: un medicinale equivalente infatti per avere l’autorizzazione dall’Aifa alla commercializzzazione, per legge, basta che abbia una sola percentuale minima di principio attivo, mentre gli additivi, seppur legali e testati, non sempre sono gli stessi (coloranti, ecc).
I medici di famiglia stessi (scippati di un prestigioso rapporto con le case farmaceutiche suggeriscono i maligni), protestano perché così verrebbe messa a repentaglio la salute dei pazienti. Il Governo Monti ha risposto con una serie di clausole che li faciliterebbe: possono prescrivere il nome commerciale indicando “non sostituibile” sulla ricetta, ma motivandone anche la decisione, mentre i farmaci commerciali rimangono una scelta terapeutica precisa laddove si tratti di patologie croniche e con terapie lunghe nel tempo. E allora perché dovremmo scegliere noi in farmacia? Perché volendo a tutti i costi il farmaco “di marca” al quale siamo abituati e della cui efficacia terapeutica siamo certi possiamo optare per tale scelta, pagando al farmacista il costo della differenza tra il medicinale generico (che gli rimborserà lo stato) e quello acquistato. Dunque tutto sembra ok, nel rispetto della libertà terapeutica. Ed è anche corretto per ciò che riguarda il risparmio per le casse pubbliche.
Il risparmio ed i generici sembrano piacere agli italiani, ma è veramente così? E siamo adeguatamente informati su cosa andremo ad acquistare? Rispondete al nostro sondaggio e riflettiamo insieme nei commenti.
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Approfondimenti: Ministero della Salute
Foto: Thinkstock