Frequenza cardiaca: è un magico binomio, che può essere sintetizzato in FC, come BB sta, da 50 anni a questa parte, per Brigitte Bardot; solamente che, mentre la diva francese è relativamente giovane, la frequenza cardiaca accompagna l’uomo dai suoi albori. La frequenza cardiaca si esprime in battiti al minuto: il range assoluto oscilla, approssimativamente, tra 30 e 220, tenendo conto di tutte le variabili legate al riposo, allo sforzo, alla patologia, all’allenamento.
Non siamo ancora nati e già il battito cardiaco rappresenta un utile parametro per valutare la salute del nascituro: la frequenz cardiaca del feto è doppia rispetto a quella della madre. Se scende al di sotto di questo valore significa che qualcosa non sta andando per il meglio. La FC è sottoposta al controllo due nervi, dal cui equilibrio deriva lo stato di benessere: nervo vago deprime la frequenza, il simpatico la accelera a seconda dell’attività del muscolo cardiaco, a prevalere sarà l’uno o l’altro.
In condizioni di riposo, in un soggetto normale la FC è di circa 70/min, ma negli individui allenati può scendere anche di molto, per arrivare a valori di 30-32 battiti: al di sotto di 60/min si parla di bradicardia (dal greco bradi=lento), che, a seconda del numero di battiti, può essere definita minima, moderata, marcata. E’ utile avere una frequenza bassa, perché così il cuore risparmia lavoro, ed è come se cadesse in letargo, almeno fino al momento in cui c’è bisogno di spingere in circolo una maggiore quantità di sangue.
A riposo, per assicurare un adeguato apporto, ad ogni sistole (contrazione del cuore) viene espulsa una quantità di sangue maggiore, per cui la gittata sistolica (questo il nome) è di circa il 30% maggiore che nei sedentari, e in questo modo la portata cardiaca (gittata sistolica x frequenza) è inalterata. La bradicardia è un adattamento che si instaura dopo un congruo periodo di allenamento, e rimane anche diversi mesi dopo che si è cessata l’attività sportiva: è tipica degli sport di resistenza, in cui prevale il meccanismo aerobico.
Viceversa, quando il cuore batte velocemente, si parla di tachicardia (tachi=veloce), che definisce una frequenza al di sopra di 100/min; si può avere tachicardia per uno sforzo fisico, ma anche in situazioni particolari, come la febbre, in gravidanza, sotto l’effetto di emozioni violente e per diverse patologie. L’impulso nervoso per la contrazione del cuore origina da una zona detta “nodo del seno”.
LaFC rappresenta il numero di giri del motore umano, ed è un fenomeno strettamente individuale, legato alla genetica, all’ambiente in cui si vive, all’attività fisica. E’ un’entità che da sola non rappresenta nulla, ma, collegata ad altri parametri, consente di valutare precisamente il singolo individuo: una FC di 120/min mentre si corre non dà indicazioni precise, ma se lo stesso soggetto, dopo un periodo di allenamento, alla stessa velocità ha un numero di pulsazioni minore, ciò significa che c’è stato un miglioramento.
Viceversa, dopo un periodo di stop, lo stesso tipo di esercizio, se si vuol mantenere identica la prestazione, comporterà un aumento della frequenza cardiaca: a questo punto è chiaro che la riserva del cuore, cioè la possibilità di aumentare ulteriormente lo sforzo, è condizionata dal fatto che già il numero di pulsazioni è alto. La FC è legata in maniera stretta anche con il tipo di fibre muscolari: soggetti con prevalenza di fibre lente, quindi più idonei ad attività di resistenza, avranno bradicardia marcata a riposo e un valore di massima frequenza, all’acme dello sforzo, certamente inferiore a quello di coloro che hanno muscoli ricchi di fibre veloci, che permetteranno loro di eccellere nelle attività di potenza.