4 italiani su 10, se si dovessero ammalare di cancro, sarebbero pronti non solo ad andare in un’altra regione dalla propria per curarsi, ma anche all’estero. A rivelarlo, è stato il 3° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici presentato dalle associazioni di volontariato in oncologia, durante la VI Giornata nazionale dei malati oncologici.
Esistono, infatti, ancora troppe differenze tra una regione e l’altra, sia per quanto riguarda la disponibilità dei farmaci, sia nelle dotazioni di attrezzature tecnologiche.
Come ha sottolineato lo stesso ministro della salute Ferruccio Fazio:
secondo i dati raccolti dall’Osservatorio permanente sui malati oncologici, sono in continuo aumento i cosiddetti “lungo-sopravviventi”, chi cioè ha ricevuto una diagnosi di tumore da più di cinque anni. E per migliorare un sistema di cura comunque “tra i migliori al mondo”, bisogna spingere sulla qualità dei servizi sul territorio, strada maestra per porre fine alla mobilità regionale, che interessa soprattutto la chirurgia oncologica.
Da un’indagine del Censis su 1000 intervistati, infatti, è emerso che il 39,1% degli italiani, in caso di diagnosi di cancro, sarebbe disposto persino ad espatriare per curarsi. Ma è elevata anche la percentuale di chi andrebbe in un’altra regione (39,1%), che sale al 48% per i cittadini del Meridione.
Tra le cause, ci sono le diverse dotazioni tecnologiche, come si evince anche da un censimento dell’Airo, l’Associazione Italiana Radioterapia Oncologica, che ha rivelato come su 21 regione, solo 6 hanno raggiunto l’obiettivo di 7-8 unità per milione di abitanti degli acceleratori lineari per la radioterapia. La mancanza di un servizio di radioterapia vicino casa, di conseguenza, costringe le persone malata a migrare di tasca propria in un’altra regione.
Un’altra nota dolente riguarda la disponibilità dei farmaci, che ancora scarseggiano in molte regioni d’Italia, nonostante l’accordo siglato nel 2010 in Conferenza Stato-Regioni avesse semplificato le procedure per l’introduzione dei farmaci innovativi. Inoltre, secondo la Favo, la Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, bisognerebbe estendere la procedura anche ai medicinali antitumorali autorizzati dall’Aifa.
Fonte: F.A.V.O.