La leucemia, nelle sue diverse forme, continua ad essere uno dei tumori del sangue più diffusi al mondo che necessitano di una cura seria ed efficace. Una possibile terapia funzionale potrebbe presto arrivare da uno studio sperimentale attualmente in corso negli Stati Uniti.
Il tutto si basa sulla capacità indotta dai medici, di dare modo al sistema immunitario del paziente grazie ad una riprogrammazione cellulare, di identificare le cellule tumorali. La ricerca di cui vi stiamo parlando, i cui risultati sono stati presentati presso l’ultimo convegno dell’ American Society of Hematology di Atlanta, riguarda una bambina di sette anni malata di leucemia alla quale i ricercatori sono stati in grado di bloccare completamente la malattia per circa sei mesi.
Emma, la piccola paziente, è affetta da leucemia linfoblastica acuta, una patologia grave in cui le cellule B che appartengono al sistema immunitario, si trasformano in tumorali. L’innovativa “cura” è iniziata per lei lo scorsi aprile: gli scienziati hanno prelevato i linfociti T, prima difesa immunitaria del nostro organismo, e grazie al virus disattivato dell’Hiv hanno “insegnato” loro come riconoscere le cellule B. Una volta iniettate nuovamente nel corpo della piccola, i linfociti T hanno iniziato a distruggere le cellule leucemiche, delle quali non è stata trovata più traccia da circa due mesi dopo l’intervento. Cellule tumorali tuttora assenti ora che ne stiamo parlando.
Uno degli autori dello studio, Carl June, ha commentato con i media:
Il nostro obiettivo è avere una cura per la leucemia, ma ancora non usiamo questa parola. Speriamo che un giorno questo sistema possa rimpiazzare il trapianto di midollo, una procedura ancora più rischiosa e costosa.
Prima di essere considerata e confermata come “attuabile” questa terapia necessita di essere provata su un campione più ampio di pazienti. La piccola Emma non basta. Finora alcune sperimentazioni di questo tipo erano state condotte su alcuni adulti ed avevano dato risultati contrastanti. La storia di Emma, tuttora in buona salute, apre nuove speranze e nuove vie alla ricerca.
American Society of Hematology
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