Si chiama Giusi Spagnolo e detiene un record speciale: è la prima ragazza affetta dalla Sindrome di Down a laurearsi in Italia. Il voto: 105 su 110 e la tesi in Beni demo-etno-antropologici della facoltà di Lettere dell’Università di Palermo. E’ un traguardo importante, sicuramente per lei, come tutte le giovani fanciulle con una laurea in mano, perché coincide con l’inizio di una nuova vita, del futuro agognato e per il quale ci si è impegnati nello studio. Il sogno nel cassetto di Giusi ?
“Spero di partecipare come tutor a laboratori con i bambini e che questo sia l’inizio di un lavoro che amo moltissimo”,
ha spiegato ai giornalisti, ma è quello che racconta da sempre ad amici e parenti. Del resto è un’esperienza che ha già fatto, presso la scuola elementare Montegrappa di Palermo, la sua città.
E’ qui che ha preso spunto anche per la sua tesi, un lavoro multimediale realizzato con una collega dottoranda, Romina Mancuso ispirato alla favola di Fedro della capra e dei cavoli. Spiega la neolaureata:
“E’ un supporto didattico interattivo e multilingue: un gioco con cui imparare destinato a tutti i bambini, senza differenze”.
Il lavoro ha già una destinazione: una ludoteca che Giusi ha frequentato sin dall’infanzia insieme ad altri coetanei normodotati, stranieri o con altre forme di handicap. Come lei. Ed è qui l’importanza maggiore di questa laurea: è la dimostrazione che un bambino affetto dalla Sindrome di Down può arrivare ovunque, come gli altri. Ovviamente, sempre come gli altri, a contare sono alcuni fattori: la grinta, la famiglia ed una scuola che funzioni. Ed il papà della ragazza Bernardo Spagnolo, già presidente dell’Associazione famiglie persone Down, conferma: ha avuto sempre insegnanti attenti che l’hanno supportata, fino all’Università dove c´è anche un centro per la disabilità. E racconta:
“pensate che all’esame di maturità un commissario dubitava che mia figlia fosse capace di tenere in mano la penna. L’insegnante di Educazione fisica corse a spiegare che Giusi faceva sport come tutti gli altri”.
Vi posso dire la verità cari amici di Medicinalive? Questa storia mi piace da impazzire.
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[Fonte: la Stampa]