Quattro persone sono morte in Libia dopo aver contratto l’influenza aviaria. Una quinta è attualmente ricoverata sotto osservazione. E’ normale chiedersi se vi sia il rischio di una epidemia e se l’Italia debba preoccuparsi per questo.
Ovviamente ogni allarmismo è al momento privo di ogni fondamento e già in passato il nostro paese ha mostrato di essere pronto ad affrontare lo spettro di una possibile epidemia: la gestione dell’ebola e del suo paziente zero nel nostro paese ne è stata una prova. Attualmente ciò che lascia perplessi in merito all’annuncio fatto dal Ministro della Salute libico Ridha Awkali è il fatto che non abbia reso noto il ceppo di influenza aviaria che avrebbe causato il decesso dei suoi concittadini.
Quello dell’influenza aviaria è un virus che fa paura. Dal 2003 sono state oltre 400 le morti in Asia attribuibili all’agente patogeno in questione, mentre nel 2013 l’H7N9 ne ha portato al decesso circa 170. E’ comprensibile quindi che si tratti di un tema sensibile. Nel nostro paese la lotta all’aviaria è continua: giusto in queste ore è stato sottoposto ad accertamento un allevamento di tacchini di Rovigo risultato poi focolaio del ceppo ad alta patogenicità H5N8. Come ha spiegato Enrico Brivio, portavoce del commissario Ue alla salute Vytenis AndriuKaitis all’Ansa:
Sono in linea con le direttive comunitarie le misure di sicurezza sanitaria adottate dalle autorità italiane in seguito all’accertamento di un un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N8) in un allevamento di 35mila tacchini da carne, nel Comune di Porto Viro (Rovigo). La Commissione è soddisfatta delle misure prese. Non c’è nessun motivo di preoccupazione per i consumatori.
Non vi è quindi nulla da temere sia per possibili focolai interni, sia per le notizie provenienti dalla Libia. Soprattutto fino a che non sarà stato accertato il ceppo colpevole dei decessi e la sua effettiva pericolosità.
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